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Una mostra a Palazzo Braschi

L’eterna bellezza di Canova

 

 

Fino al 15 marzo 2020 Palazzo Braschi, sede del Museo di Roma, ospita la mostra – evento Canova. Eterna bellezza. In esposizione oltre 170 opere e prestigiosi prestiti da musei e collezioni italiane e straniere, in un allestimento di grande impatto visivo che racconta in tredici sezioni l’arte canoviana e il contesto che lo scultore trovò giungendo nell’Urbe nel 1779. Attraverso ricercati giochi di luce, è persino rievocata la calda atmosfera a lume di torcia con cui l’artista, a fine Settecento, mostrava le proprie opere agli ospiti, di notte, nell’atelier di via delle Colonnette. A definire la trama del racconto, importanti prestiti provenienti, fra l’altro, dall’Ermitage di San Pietroburgo, dai Musei Vaticani, dalla Gypsotheca e dal Museo Antonio Canova di Possagno, dal Museo Civico di Bassano del Grappa, dai Musei Capitolini, dall Museo Correr di Venezia, dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dalle Accademie di Belle Arti di Bologna, di Carrara e di Ravenna, dall'Accademia Nazionale di San Luca, dal Musée des Augustins di Tolosa, dai Musei di Strada Nuova-Palazzo Tursi di Genova, dal Museo Civico di Asolo.
Dai tesori dei Musei Capitolini a quelli dei Musei Vaticani, dalle raccolte dei Farnese e dei Ludovisi ai marmi inseriti nel contesto urbano dell’epoca, furono tantissime le opere che l’artista studiò minuziosamente, rendendole testimoni e protagoniste del suo stretto rapporto con la città. In mostra si ripercorrono gli itinerari compiuti dallo scultore alla scoperta di Roma, sin dal suo primo soggiorno. Sorprendenti, ad esempio, le sue parole di ammirazione nei confronti del gruppo di Apollo e Dafne di Bernini, visto a Villa Borghese. Si può anche approfondire, attraverso la presentazione di disegni, bozzetti, modellini e gessi, il lavoro dell’artista per i grandi monumenti funerari di Clemente XIV e di Clemente XIII, e per il monumento agli ultimi Stuart; spiccano, per la grande qualità esecutiva, il marmo del Genio funerario Rezzonico concesso in prestito dall’Ermitage di San Pietroburgo e il modellino del monumento Stuart della Gypsotheca di Possagno. La mostra affronta anche il rapporto tra lo scultore e la letteratura del suo tempo: una piccola sezione è dedicata alla relazione tra Canova e Alfieri, la cui tragedia Antigone, andata in scena a Roma nel 1782, presenta più di uno spunto di riflessione in rapporto alla rivoluzione figurativa canoviana.
Fieramente antigiacobino, Canova abbandonò Roma all’epoca della prima Repubblica alla fine del Settecento per rifugiarsi a Possagno, sua città natale. Dipinti, sculture, disegni e incisioni documentano il momento che vide la fine provvisoria del potere temporale del papato con l’esilio di Pio VI Braschi. Canova fu incaricato di scolpire la statua di questo pontefice, da collocare inizialmente sotto l’altare della Confessione nella Basilica Vaticana, per poi essere spostata nelle Grotte Vaticane. Nell’ultima sala della mostra, uno dei marmi più straordinari di Canova: la Danzatrice con le mani sui fianchi, proveniente da San Pietroburgo. Gira sulla sua base, come Canova desiderava, in un ambiente rivestito di specchi. Il percorso espositivo è arricchito da inedite installazioni multimediali appositamente progettate. Attraverso 30 fotografie di Mimmo Jodice che ritraggono i marmi di Antonio Canova, il pubblico può ammirare le opere dello scultore attraverso lo sguardo di uno dei più grandi maestri della fotografia. Jodice è riuscito a offrirne una rilettura del tutto inedita e sorprendente, creando una serie di immagini che si sono imposte come una delle più emozionanti espressioni della fotografia contemporanea.

 

di Antonio Venditti
1 gennaio 2020

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