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Sul viale della Trinità dei Monti
Una colonna per Galileo Galilei
 

 

Percorrendo il viale della Trinità dei Monti in direzione del Pincio, appena oltrepassata villa Medici un cippo di granito con base di marmo seminascosto dalla vegetazione ricorda Galileo Galilei.
Fin dal 1872 il comune di Roma aveva deliberato di porre una lapide sulla facciata di villa Medici, dove lo scienziato era stato tenuto prigioniero durante il suo processo, ma la Francia, proprietaria dell’edificio, si era sempre opposta, per non guastare i suoi rapporti con il Vaticano.
Solo nel 1887 fu trovata una soluzione di compromesso: l’iscrizione – su lastra di bronzo - sarebbe stata posta su una tozza colonna collocata su un’area comunale, il più possibile vicino allo storico edificio.
L’inaugurazione si tenne il 21 aprile 1887, nella ricorrenza del natale di Roma, anche se il monumentino non era ultimato. L’iscrizione sarebbe stata aggiunta solo a luglio. Il testo, composto da Domenico Gnoli, era garbatamente ironico: “IL PROSSIMO PALAZZO / GIA DE’ MEDICI / FU PRIGIONE / A GALILEO GALILEI / REO D’AVER VEDUTO / LA TERRA / VOLGERSI INTORNO AL SOLE / S.P.Q.R. / MDCCCLXXXVII”.
Nel gennaio del 1889 a coronamento del monumento fu posta una sfera armillare di bronzo, oggi purtroppo scomparsa.
Le cronache dell’inaugurazione – tenutasi con scarsa affluenza di pubblico - testimoniano il clima rovente in cui essa si svolse. L’on. Oreste Tommasini pronunciò un discorso in cui rendeva omaggio a Galilei come grande uomo di scienza e come difensore della verità contro l’oscurantismo della chiesa.
La stampa dell’epoca si divise, esprimendosi anche con toni aspri.
“La Capitale” dopo aver lodato il discorso di Tommasini, si soffermava sul significato simbolico del monumento, che sorgeva “fra il verde delle piante del Pincio, proprio di fronte al Vaticano, testimonio delle nuove conquiste del pensiero italiano, auspice la terza Roma, che, spezzate le catene, onora i nostri martiri”. Sulla stessa lunghezza d’onda il “Diritto”: “Il ricordo a Galileo Galilei, collocato poco lontano dal monumento ai fratelli Cairoli, sta con questo a significa¬re innanzi al Vaticano, che torture, persecuzioni e anate¬mi non inceppano la marcia della libertà, la quale, mer¬cé gli studii pazienti dello scienziato e l’audacia degli eroi — infrange il Sillabo e le catene dei governi teocrati¬ci”.
Di tutt’altra avviso, come si può immaginare, “L’Osservatore Romano”, secondo cui l’autore dell’epigrafe era al servizio delle “schiere anticlericali”. Le difficoltà in cui era incorso Galileo non sarebbero derivate dalle sue scoperte scientifiche, ma dalla sua volontà di “invadere il campo teologico”.
 

di Cinzia Dal Maso

17 settembre 2017
© Riproduzione Riservata

 

 


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