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Il busto di marmo che avrebbe mosso un braccio
Il cenotafio di Giraud a Sant’Eustachio


 

Nell’atrio della chiesa di Sant’Eustachio, a due passi dal Pantheon, si può vedere il cenotafio di Giovanni Giraud, opera di Giuseppe Barba, ultimato nel 1843. Si compone di una stele coronata da un timpano semicircolare e ornato da un busto, giudicato dai contemporanei molto somigliante. L’altisonante epigrafe in latino fu dettata da La Cecilia.
Giraud era nato a Roma il 28 ottobre 1776, da una nobile famiglia di origine francese. Venne cresciuto in un ambiente chiuso e retrogrado e affidato alle cure di un precettore ecclesiastico più interessato al gioco del lotto che alla letteratura. Si dedicò con passione alla poesia satirica, ma la fama gli venne dalla sua attività di commediografo, nella quale seppe unire il rispetto del modello classico goldoniano con una profonda conoscenza del teatro di Molière.
Tra le sue opere, “L'ajo nell'imbarazzo”, del 1807, in seguito musicata da Gaetano Donizetti, in cui descrisse il mondo oppressivo della sua infanzia, “Don Desiderio disperato per eccesso di buon cuore” del 1809. Ne “Il galantuomo per transazione”, scritta dopo il 1824 ma rappresentata postuma nel 1841, Giraud riesce a tracciare con rara acutezza psicologica il ritratto di un ipocrita.
Scriveva Giuseppe Costetti nella sua opera sul teatro italiano dell’Ottocento (1901): “Il nome di Giovanni Giraud va scritto a caratteri d’oro nella storia del teatro italiano, però che egli sia di quei pochissimi commediografi che lasciano dietro di sé, non fantocci di stoppa, ma anime vive e i cui tipi, impersonati in caratteri veri ed umani, assurgono col tempo al massimo onore della proverbialità”.
Decio Cortesi, nel 1896, riferisce un singolare aneddoto: Il commediografo aveva avuto l’occasione di incontrare a Lione Napoleone, cui venne presentato con il nome di Giraud pronunziato alla francese. Ci tenne a precisare che il suo nome era Gira-ud, con pronuncia italiana. Ne seguì una breve discussione con Napoleone, che alla fine avrebbe sentenziato: “Ho capito, il signor conte è un cocciuto”.
Giraud non era molto curato nel vestire e a Roma era famoso per i suoi lunghi capelli, il suo vestito sdrucito e il suo bizzarro carrettino tirato da un cavallo allampanato.
Provò a improvvisarsi banchiere, ma gli affari andarono male. Ormai povero, si ritirò prima ad Albano Laziale e poi a Napoli, dove morì il 1° ottobre del 1834.
Riguardo al suo cenotafio a Sant’Eustachio si riferisce uno strano episodio: il 25 settembre 1871 alcune popolane romane che si trovavano nel portico della chiesa cominciarono a gridare che Giraud aveva mosso un braccio, o forse una spalla, visto che il busto è privo di braccia.
 

di Cinzia Dal Maso

18 giugno 2017
© Riproduzione Riservata

 

 


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