Con le sue vignette spietate accompagnò la storia della Repubblica Romana

La satira dissacrante del "Don Pirlone"

L’elezione di Pio IX, avvenuta il 16 giugno 1846, e la cauta azione riformatrice del pontefice, avevano suscitato molti entusiasmi tra i sudditi dello stato della Chiesa.

Di fatto, tra il 1847 e il 1849 ci fu uno straordinario sviluppo del libero giornalismo d’opinione, anche se arginato da alcuni veti.

Il 15 marzo 1847 fu pubblicato l’editto del cardinale Gizzi, segretario di stato, che – mantenendo anche le regole di controllo preventivo - istitutiva un consiglio di censura eletto dal Papa e composto da cinque membri, quattro dei quali laici. Nell’editto di leggeva tra l’altro: "sarà lecito parlare  di argomenti di scienza, lettere ed arti e storia contemporanea". Quest’ultimo punto rese necessaria una precisazione a opera del cardinal Ferretti, che in una circolare specificava come per storia contemporanea si dovessero intendere "i fatti realmente  accaduti o che vadano accadendo e non l’alta politica  interna o internazionale". Sotto la pressione dei movimenti liberali, comunque, la censura non ebbe troppo peso.

Con lo Statuto Fondamentale concesso da Pio IX il 14 marzo 1848 fu ratificata anche la legge sulla stampa, regolamentata il 3 giugno successivo: era contemplata la presenza di un direttore responsabile, mentre ogni cittadino in possesso di determinati requisiti e nel rispetto di alcune regole poteva liberamente pubblicare.

La concessione dello Statuto fu celebrata con la fondazione di un quotidiano di stampo liberale, "L’Epoca", che anche nel nome si voleva riferire all’avvento di un nuovo periodo di progresso. Il 29 aprile, però, Pio IX, pronunciando la famosa allocuzione "Non semel" con la quale sconfessava l’azione del suo esercito e la guerra all’Austria, attirò su di sé diffidenze e malumori. Proprio questo periodo vide la nascita di molti giornali umoristico-satirici. Tra i più famosi, il "Don Pirlone", quotidiano di caricature politiche fondato dai liberali de "L’Epoca", il cui primo numero uscì il 1° settembre del 1848. Le sue vignette sferzanti e spietate erano destinate a fare epoca. Anche se ispirate al più intollerante spirito anticlericale, avevano un tale spirito mordente che molto spesso gli stessi avversari furono costretti ad ammetterne l’efficacia. Molte delle illustrazioni ironizzavano sui  personaggi dell’epoca e sull’indecisione politica di regnanti italiani ed europei. Altre si basavano su episodi della storia contemporanea della penisola, della cronaca cittadina di Roma o dello Stato Pontificio.

In tempi piuttosto recenti è stato scoperto, all’interno del fondo iconografico del Museo Centrale del Risorgimento, un gruppo di 50 disegni preparatori, con annotazioni manoscritte e note della censura ecclesiastica, che dopo essere stato oggetto di un accurato intervento di restauro, ha dato vita, nel 1995, alla mostra "La satira restaurata. Disegni del 1848 per il Don Pirlone", curata da Marco Pizzo e allestita nell’Ala Brasini del Museo Centrale del Risorgimento di Roma.

Il nome del giornale derivava da quello di una maschera ideata nel 1711 da Gigli a Siena come esempio di ipocrisia mascherata. L’ottuso benpensante Don Pirlone è raffigurato sulla copertina di ogni numero avvolto in un mantello gonfiato dal vento e con un cappello a falda larga, accompagnato dal motto "ntendemi chi può, ch’i m’intend’io". Tutti gli articoli erano rigorosamente anonimi.

A Roma ebbe una larga diffusione, arrivando a contare ben mille e 200 abbonamenti.

Pellegrino Rossi, ministro dell’Interno del governo pontificio tentò di censurarlo con una notificazione del Consiglio del 3 ottobre. La polemica che ne seguì esasperò ulteriormente un clima già molto teso, che avrebbe portato, il 15 novembre successivo, all’assassinio di Pellegrino Rossi. "L’Epoca", pur condannando l’omicidio, ricordava, tra i torti più gravi del defunto ministro, proprio il processo contro il "Don Pirlone", un’occasione in cui "si corrompevano i giudici perché pronunziassero contro di quello un’assurda condanna a schiacciare il coraggio sommo civile addimostrato e si ponea la prima pietra di schiavitù sulla libera manifestazione del pensiero".

Di lì a poco – il 24 novembre – il Pontefice fuggiva a Gaeta. Il 9 febbraio del 1849, in Campidoglio, veniva solennemente proclamata la Repubblica Romana. Il "Don Pirlone" ne avrebbe accompagnato la vita con la sua dissacrante satira, fino al tragico epilogo e alla fine gloriosa. L’ultimo numero uscì il 2 luglio 1849. Il giorno seguente le truppe francesi entravano a Roma.

di Cinzia Dal Maso

15 giugno 2010

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