A tavola con gusto...romano

Il sapore antico e genuino
della panzanella

Il solo nome panzanella basta a evocare il profumo della genuinità, del mangiare semplice e sano di un tempo in cui non si buttava nulla e persino un pezzo di pagnotta dura poteva diventare in breve tempo una sostanziosa merenda o una rapida cena. L’origine del nome è incerta, ma si dovrebbe trattare di una parola composta da pan e zanella. La zana, o zanella, era una zuppiera concava in cui si disponevano le fette di pane ammollate e ben strizzate per poi condirle con olio, aceto, sale, pomodori maturi a pezzetti e qualche foglia di basilico spezzata con le dita. A seconda dei gusti si possono aggiungere, a scelta, una spruzzata di pepe appena macinato, uno spicchio d’aglio o qualche fettina di cipolla.

Sembra persino troppo facile, c’è da fare solo la massima attenzione alla qualità degli ingredienti, soprattutto l’olio, che deve essere extravergine di oliva. Per quanto riguarda il pane, deve essere tagliato da una pagnotta casareccia o di campagna, cotta in un forno a legna. Attenzione anche alla lievitazione, che deve essere naturale e non ottenuta con il lievito di birra.

Inutile dare la ricetta da seguire passo passo, prima perché non ce n’è bisogno, poi perché basta la bella poesia che ci ha lasciato l’indimenticabile Aldo Fabrizi: "E che ce vo’ / pe’ fa’ la Panzanella?/ Nun è ch’er condimento sia un segreto, / oppure è stabbilito da un decreto, / però la qualità dev’esse quella. / In primise: acqua fresca de cannella, / in secondise: ojo d’uliveto, / e come terzo: quer di-vino aceto / che fa’ venì la febbre magnarella. / Pagnotta paesana un po’ intostata, / cotta all’antica, co’ la crosta scura, / bagnata fino a che nun s’è ammollata. / In più, per un boccone da signori, / abbasta rifinì la svojatura / co’ basilico, pepe e pommidori".

09 febbraio 2010

di Cinzia Dal Maso

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