"Un atomo di noi"
segna l’esordio poetico di Fabio Scarnati |
Dignità della parola e carisma del verso
Fare poesia non è mai stato
semplice. Di certo non lo è oggi in un mercato reale ed emozionale
dove le parole subiscono il torto della manipolazione e della
sterile usura, il giogo della banalità, l’insulto della
spettacolarizzazione fine a se stessa. Eppure i poeti continuano a
scrivere, continueranno a farlo. Per fortuna. Ci mostrano e
mostreranno il fondo di quel "pozzo" dove non sempre vogliamo
affacciarci, oppure gli angoli di quella "cantina" chiusa, posta ai
margini delle stanze in cui respiriamo e viviamo quotidianamente.
Ognuno può dare la sua definizione, sempre che si voglia o possa
dare una definizione di poesia. Una delle più belle, scorta in una
raccolta di liriche che senza supponenza o vuoti intellettualismi si
offre al lettore con la sua forza disarmante, è di Fabio Scarnati:
"il silenzio si impone musica vera, la parola non è che acqua
lapidata". E’ un frammento del testo che dà il titolo al suo primo
volume di poesie, "Un atomo di noi" (Editrice Uni Service). Una
scrittura matura quella del calabrese Scarnati, classe 1975,
avvocato di professione, poeta per nascita, che ha fatto sua la
lezione dei grandi lirici del Novecento italiano, traducendola in
una formula personale dove alla parola – da quella eravamo appunto
partiti – viene ridata dignità. Scarnati ne celebra, verso dopo
verso, il carisma, il potere evocativo, il sapore, la carnalità, il
soffio vitale. La natura, da un aratro in mezzo al campo alle
profondità marine dove si agitano splendide creature, circonda i
suoi pensieri, si fa amante e partecipe di un sentire mai scontato,
sincero, vivo, fin troppo vero da risultare persino spietato.
Scarnati osserva e guarda in profondità. Con la sua lente di
ingrandimento interiore arriva al dettaglio infinitesimale, l’atomo
delle sensazioni, quindi al particolare che riesce a dare il senso
del tutto, oppure in un percorso inverso tocca l’essenza partendo
dalla grandiosità di una visione, dall’immensità di una singola
percezione. Nell’epoca della virtualità digitale, in fondo, la
poesia ribadisce il primato in materia. E’ tutta sua la capacità
terrena e celeste insieme, umana e divina, di creare, di esprimere
una dimensione facoltativa e parallela, tuttavia strettamente legata
a quella immanente. Con buona pace di chi non legge più, non si
emoziona più e considera un libro di poesie troppo grande e pesante
per le sue piccole tasche. Ma la vera poesia come fa a non essere
ingombrante?
di
Annalisa
Venditti
10 agosto 2010 |
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