Una ricetta cinquecentesca del cuoco Bartolomeo Scappi Dolci datteri in onore dei Papi
Secondo Bartolomeo Scappi, cuoco privato nel Cinquecento di ben sei Papi, i datteri potevano essere un gustoso ripieno per un rotolo dolce. Nella sua "Opera" (1570), famoso trattato di cucina in sei libri, leggiamo: "con lo sperone della pasta taglinsi gl’orli tutt’intorno" e "spolverizzisi la sfoglia d’once quattro di zucchero, e un’oncia di cannella, poi abbisi una libbra d’uva passa di Corinto, che abbia bollito nel vino, e libbra una di datteri cotti in esso vino, e tagliati minuti". Scappi consigliava di mescolare insieme zucchero, cannella, chiodi di garofano e noci moscate. "La detta composizione – sentenziava più avanti nel ricettario – sparsa sopra la sfoglia con alcuni bocconcini di burro, e commincisi per il lungo della sfoglia a rivolgere in su, avvertendo di non rompere la pasta". Il tortiglione, per una cottura ottimale, non doveva essere girato più di tre volte. "Ungasi di sopra di burro liquefatto non troppo caldo – concludeva il cuoco – e facciasi cuocere nel forno con fuoco temperato e come è presso a cotto spargasi sopra zucchero e acqua di rose, e servasi caldo". |
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