Lettere d’amore: passione di cera "Dammi mille baci, poi cento, poi altri mille, poi ancora cento, poi altri mille, poi cento ancora. Quindi, quando saremo stanchi di contarli, continueremo a baciarci senza pensarci, per non spaventarci e perché nessuno, nessuno dei tanti che ci invidiano, possa farci del male sapendo che si può, coi baci, essere tanto felici". Così scriveva per la sua amata Lesbia il poeta romano Catullo. Oggi ci si può dichiarare a voce, per e-mail, con un sms, ma le lettere d’amore dove sono finite? Quelle dei nostri progenitori saranno state tanto appassionate? Oppure romantiche? Sfacciate? Disperate? E le nostre antenate saranno state felici di riceverle?Dalle fonti antiche sappiamo che venivano scritte sulle "tabulae ceratae", tavolette cerate. La discrezione era obbligatoria. Venivano quindi sigillate e consegnate all’amata dalle mani fedeli di uno schiavo. Nella tavoletta era lasciato un apposito spazio vuoto per la risposta. E chissà quanto l’attesa avrà fatto palpitare i cuori! Una lettera poteva essere utile per stabilire un appuntamento, per spedire un amoroso rimprovero, per un primo passionale approccio. Ma occorreva stare attenti, molto attenti. Ammoniva a tal proposito Ovidio nella sua "Arte di amare": "Tutte le volte che scrivi...esamina attentamente la tua tavoletta: a molti capita di leggere più di quanto fosse a loro destinato..." Insomma, dalla cera potevano trasparire altre dichiarazioni, rimaste per errore impresse nella tavoletta: roba da far volare schiaffoni! L’argomento è stato approfondito nel corso dell’Intervista possibile di "Questa è Roma!", la trasmissione ideata e condotta da Maria Pia Partisani in onda ogni sabato mattina, dalle ore 11.00 alle 12.00, su Nuova Spazio Radio (88.150 MHz). |
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