Donne e arena nell’antica Roma: le gladiatrici assetate di sangue

di Annalisa Venditti

Il sangue delle arene inonda la storia di Roma imperiale. Uno scenario apocalittico che aveva come anonime protagoniste lotte spettacolari e la crudele partecipazione di un pubblico assetato di morte. Il mito dei gladiatori, possenti e rudi muscoli mandati al macello, che tanto successo continua ad avere sul grande schermo, aveva come palcoscenico gli anfiteatri, luoghi per eccellenza di "ludici" massacri. E se qualcuno vi dicesse che tra le fila dei guerrieri inviati alla morte per il pubblico divertimento, si annoveravano anche delle donne, come reagireste? Ebbene sì, nell’antica Roma, anche il cosiddetto sesso "debole" non disdegnava questa atroce professione. Stupiti? A testimonianza di questa pratica che ai più sembrerà incredibile soccorrono le fonti letterarie, alcuni testi giuridici e persino documenti epigrafici. L’unico aspetto della questione che rimane irrisolto è se queste intrepide lo facessero per denaro, per passione o per altri motivi. Qualche studioso ha addirittura avanzato l’ipotesi che fosse un modo adottato dalle ribelli per "dispiacere" alla propria famiglia. Ma se è difficile, normalmente, inoltrarsi nella psiche femminile, figuriamoci se il tentativo si applica alle nostre progenitrici: l’impresa, di certo, si fa impossibile. A prescindere da quali potessero essere le buone ragioni a spingere ad una scelta così particolare, fatto sta che il Senato, nel 19 d.C., dovette intervenire severamente con una legge che regolamentasse l’esercizio del mestiere. Così solo donne di basso ceto potevano concedersi tale "lusso", vietato invece a parenti, maschi e femmine, di cavalieri e senatori. Come si preparavano all’arena? Per rispondere a questa domanda ci viene in soccorso un rilievo in marmo del II secolo, rinvenuto nella città turca di Alicarnasso. Due belligeranti "signore", chiamate niente di meno che Amazone (come le mitiche guerriere a cavallo) e Achillea (evidente il richiamo alle imprese dell’eroe acheo), duellano faccia a faccia senza armatura ed elmo, ma con schinieri, bracciali, un grande scudo rettangolare e una spada corta.

Pare che gli imperatori Nerone (54-68 d.C.) e Domiziano (81-96 d.C.) prediligessero le esibizioni al femminile e, secondo quanto tramandano le fonti, un magistrato di Ostia, tale Ostiliano, si sarebbe vantato di essere stato il primo nella sua città a far combattere le donne. Insomma, spettacoli di tale fatta non erano appannaggio esclusivo del pubblico delle grandi città, ma erano molto diffusi, ed evidentemente, anche molto apprezzati.

Contro tale cruenta professione si batterono Giovenale, Tacito, Svetonio e Stazio, ma all’imperatore Settimio Severo (193-211 d.C.) si deve il definitivo divieto.

L’argomento sarà approfondito sabato prossimo nel corso dell’Intervista possibile di "Questa è Roma!", la trasmissione ideata e condotta da Maria Pia Partisani, in onda dalle 9.30 alle 11.00, su Nuova Spazio Radio (FM 88.150 MHz).

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