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Il tesoro da favola del sor Checco

L’antiquario Martinetti nascose nella sua casa chili di monete d’oro

di Cinzia Dal Maso

 

Il 22 febbraio del 1933 alcuni operai stavano demolendo una casa in via Alessandrina, nei pressi dei Fori Imperiali, quando uno di loro, un certo Simonetti, con un colpo di piccone fece cadere una lastra di ferro nascosta da una doppia fila di mattoni. Secondo il racconto del manovale, "dal muro pareva colassero monete d’oro come nei racconti delle fate. Ne cadevano senza interruzione, tanto che prima stentavamo a credere che fosse proprio oro". Fu subito avvisato il capo squadra, che raccolse il contenuto del ripostiglio in alcuni cappelli e lo portò al proprietario dell’impresa di demolizione. Quest’ultimo si premurò di rendere noti i fatti al Regio Commissariato di Pubblica Sicurezza.

Ecco l’inventario di quello che passerà alla storia come "il tesoro di via Alessandrina": 72 anelli, 4 gemme ed un’incastonatura d’oro del peso complessivo di 6,10 chili; monete antiche d’oro per quasi due chili e mezzo e oltre 11 chili di monete d’oro ottocentesche.

Restava da stabilire chi fosse stato il proprietario di quell’enorme patrimonio. Non ci volle molto: nella casa aveva vissuto, dal 1879 al 1895, Francesco Martinetti, un antiquario romano dedito a commerci non sempre nei limiti della legalità. Figlio di un rigattiere, aveva fatto il suo primo affare a vent’anni, comprando con 40 baiocchi una moneta antica da un campagnolo e rivendendola per trecento lire. Il centro dei suoi commerci fu per anni piazza Montanara, dove la domenica i piccoli antiquari acquistavano le "anticaje e petrelle" dai contadini che le rinvenivano nei loro campi.

Il "sor Checco", così era chiamato il Martinetti, fu descritto da Augusto Jandolo come "un omone dalla pancia prominente ed il volto pallido, di un grasso flaccido", che "viveva una vita più che modesta, misteriosa, come un ragno in agguato nel suo buco". Non tutti la pensavano allo stesso modo: una giovane e facoltosa donna della migliore borghesia lo dipinse come un uomo coltissimo, dalla conversazione affascinante ed i modi affabili, in grado di far dimenticare il suo fisico poco attraente.

Riuscì ad entrare in affari con i direttori dei più grandi musei del suo tempo, di cui seppe oculatamente guadagnarsi la stima. Per ingraziarsi il Direttore Generale delle Belle Arti, Felice Bernabei, donò al Museo di Villa Giulia la Fibula Prenestina, che sembra fosse uscita dalle sue abilissime mani di falsario.

Nonostante la sua immensa ricchezza, era di un’incredibile avarizia. Morì per una polmonite che si era preso andando a trovare la moglie al Verano sotto un violento acquazzone, per risparmiare i due soldi del tram.

Eppure, anche se indirettamente, il "sor Checco" fece un bel regalo ai romani. Il sabato seguente il ritrovamento del suo tesoro, chi aveva giocato al lotto il 74 (le monete), il 62 (gli anelli d’oro) e il 24 (il muratore), fece un bel terno secco: nei quartieri più popolari della città fu vinto oltre un milione di lire.

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