Quasi all’inizio di
via della Magliana nuova, sulla sinistra per chi si dirige verso
l’autostrada per Fiumicino, spunta del tutto inaspettata l’abside di
una suggestiva chiesa: Santa Passera. Se volete sapere qualcosa di
più sulla titolare della chiesa, non cercate il nome nei
martirologi, magari vicino a quello di Colomba e Tortora, perché
sarebbe inutile: una santa di nome Passera non è mai esistita. Qui
sono invece venerati Ciro e Giovanni, due medici di Alessandria
d’Egitto, crocifissi e poi decapitati durante la persecuzione di
Diocleziano.
Difficilmente il
dialetto romanesco ha accettato un nome straniero. Lo ha spesso
inglobato nel proprio linguaggio, storpiandolo fino a renderlo
qualcosa di completamente diverso. Ecco perché Abba (Padre) Ciro è
diventato, nel corso dei secoli, Appaciro, Pacero, Pacera e alla
fine Passera. Non c’è da stupirsi, se consideriamo che sull’Appia
Sant’Eufemia diventò Fumia.
Se complessa è
l’origine del nome della chiesa, anche le sue vicende costruttive
non sono da meno. Era, infatti, una tomba edificata in epoca
imperiale su un lato della via Campana, presso il corso del Tevere.
Non sappiamo con esattezza quando vi furono traslati i corpi dei
martiri alessandrini: secondo le fonti, nel V secolo, mentre i dati
archeologici farebbero pensare piuttosto al VII secolo. La
trasformazione della sepoltura in chiesa non dovrebbe essere
avvenuta prima del IX secolo.
Oggi Santa Passera si
presenta articolata su tre livelli, di cui l’inferiore è costituito
da una semplice camera sotterranea originariamente decorata da una
partitura a fascioni rossi su fondo bianco, entro i quali erano
dipinte figure o stelle. Sulla parete di fondo, eretta in seguito,
erano pitture cristiane oggi quasi completamente svanite. Al di
sopra si trova la chiesa antica, divisa in tre vani nel senso della
lunghezza. Era completamente ricoperta da affreschi del XIII secolo,
in gran parte perduti. Si vedono ancora le figure di tre vescovi che
assistono alla traslazione delle reliquie di San Ciro e Giovanni,
dipinti a loro volta all’interno di una nicchia.
La chiesa superiore si
raggiunge dal piazzale esterno tramite una doppia rampa di scale, i
cui gradini marmorei tradiscono, qua e là, il riuso di antiche
epigrafi. La cortina laterizia della facciata è composta da fasce di
mattoni rossi che delimitano campiture in mattoni gialli. Ai lati
della porta, due tabelle rettangolari in terracotta sono decorate da
ghirlande appese a bucrani. Da qui si accedeva, nel II secolo d.C.,
alla stanza superiore della tomba. Quando questo ambiente divenne
una chiesa, fu costruita anche la piccola abside.
La vera sorpresa è
all’interno, grazie ai due splendidi cicli di affreschi che lo
decorano. Sulla parete sinistra, le pitture, della seconda metà del
IX secolo, sono disposte su tre fasce parallele: la meglio
conservata è quella inferiore, con undici santi, ognuno accompagnato
dalla didascalia con il nome.
Gli affreschi
dell’abside risalgono al XIII secolo. Al centro della calotta è il
Cristo benedicente tra i Santi Giovanni Battista, Paolo, Pietro e
Giovanni Evangelista. Nella fascia inferiore si distinguono tre
scene: a sinistra due Santi con due figurette inginocchiate, al
centro la Vergine con il Bambino e l’arcangelo Michele e a destra il
Salvatore in Trono tra San Ciro e San Giovanni.