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Realismo e tradizione nella scultura di Publio Morbiducci

Il monumento del Bersagliere davanti a Porta Pia

Nel 1923 in seno ala Federazione Nazionale Bersaglieri maturava il proposito di erigere un monumento per celebrare il corpo simbolo dell’epopea rinascimentale italiana. Se il luogo più naturale poteva apparire porta Pia, legata al ricordo della storica breccia che aveva determinato l’annessione di Roma all’Italia, contingenti ragioni politiche davano il via a una serie di perplessità. In primo luogo il governo Mussolini, in vista di una conciliazione con la Chiesa, non voleva riaccendere la questione romana. Solo dopo la firma dei Patti Lateranensi il progetto del monumento al Bersagliere poté cominciare a concretizzarsi, con un concorso bandito alla fine del 1930. Nel febbraio dell’anno seguente i 24 bozzetti pervenuti vennero esposti all’Aranciera di Villa Borghese. Il 5 marzo, dopo la visita del Duce, la commissione preposta dichiarava vincitore del concorso lo scultore Publio Morbiducci, il cui bozzetto, neanche a farlo apposta, era quello che più era piaciuto a Mussolini, per la sua aderenza al carattere popolare del Bersagliere. Vennero scartate le proposte troppo audaci o d’avanguardia, per favorire un artista non certo in linea con il partito fascista, ma già affermato e autore di importanti monumenti, come quello bellissimo e struggente ai Caduti del sommergibile Sebastiano Veniero al cimitero del Verano.

Il bozzetto del Morbiducci, poi, mostrava un impianto antiquato, ancora ottocentesco, che ben si adattava alla celebrazione di valori risorgimentali. Sull’alto basamento di reminescenza donatelliana ideato da Italo Mancini il bersagliere era lanciato all’attacco con una ormai anacronistica mantellina svolazzante. La stampa dell’epoca non risparmiò le critiche, in parte rientrate una volta realizzata l’opera a tempo di record, in poco più di un anno.

L’inaugurazione si tenne il 18 settembre del 1932: la figura del bersagliere risultava molto più composta che nel bozzetto, i ritmi erano concisi e serrati, la ricerca del realismo estrema. La tanto discussa mantellina era scomparsa. L’imponente scultura bronzea, alta circa quattro metri, ha accenti di estremo realismo, derivato da uno studio meticoloso della posa, realizzato dal vivo attraverso modelli. Il milite è raffigurato nel suo caratteristico passo di corsa, così caro all’immaginario popolare. Nella mano destra tiene il fucile e nella sinistra la tromba. L’accuratezza della lavorazione, rara in opere di tali dimensioni, mette in luce una minuziosa attenzione ai particolari pur filtrata da una realizzazione sintetica e plastica. Il bronzo si fa materia cangiante sotto le mani esperte del Morbiducci, coadiuvato da una fusione di alta qualità, opera di Bongirolami. La divisa, nei morbidi panneggi, sembra di vera stoffa consunta dall’uso, come gli scarponi, che recano le tracce lasciate da lunghe marce. Il viso - come ricorda Nicoletta Cardano che al monumento ha dedicato un approfondito saggio - è quello di "un giovane del popolo, eroe semplice della quotidianità, salito come un condottiero su un basamento dalla forma antica a rappresentare l’omaggio della nazione tutta, della Patria al Bersagliere". Nel momento dell’attacco, il soldato volta la testa da un lato, come a guardare e a rincuorare i suoi compagni, mentre nell’espressione contratta dal volto si concentrano tensione e preoccupazione.

Nei capelli trattati quasi graficamente si ritrova una sorta di firma del Morbiducci, uno stilema che ne accomuna la produzione grafica e quella scultorea. Sul capo è l’ormai mitico cappello piumato, emblema del Corpo.

Anche il basamento in travertino appare modificato rispetto al progetto originario e privato dagli eccessivi ornati che – secondo il Consiglio Superiore delle Belle Arti - potevano in qualche modo disturbare la visione della vicina porta. Sei rilievi, tre su ognuno dei lati, ricordano gli episodi più significativi della vita del Corpo: il Ponte di Goito, la morte Luciano Manara, la presa di Porta Pia, lo scontro presso l’oasi libica di Sciara Sciat, Enrico Toti, Alberto Riva di Villasanta falciato dalla mitraglia al Quadrivio di Paradiso. Sotto ai rilievi, due frasi, una delle quali di Mussolini: "Appena un secolo di storia, ma quanti sacrifici, quante battaglie e quanta gloria!". L’altra è di Emanuele Filiberto di Savoia, duca d’Aosta: "Nulla resiste al bersagliere". Anche i rilievi – tutti firmati dall’artista che li ha realizzati - fondono modernità e tradizione, con composizioni di impostazione classica rese con volumi essenziali e asciutti. Accurato il trattamento delle superfici, rifinite sia a bocciarda che a gradina.

di Cinzia Dal Maso

03 ottobre 2012

 

 

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