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Presentato in Campidoglio "Senza cuore" di Marco Onofrio

Un libro tra introspezione e vischiosa corporeità

Una serata all’insegna della buona letteratura e dell’introspezione psicologica in Campidoglio, alla Sala del Carroccio, in occasione della presentazione del volume di Marco Onofrio "Senza cuore" (Edilet – Edilazio Letteraria, 164 pagine, 12,00 euro).

Sono intervenuti il consigliere di Roma Capitale Dario Nanni, che ha fatto gli onori di casa, lo scrittore Paolo Di Paolo, la psicologa e psicoterapeuta Mariolina Palumbo ed Eugenio Ragni, già ordinario di Letteratura Italiana all’Università Roma Tre.

Ha coordinato l’incontro la giornalista Cinzia Dal Maso, che ha definito quello di Marco Onofrio un romanzo completamente fuori dagli schemi, ricco di immagini, di suoni, di colori, persino di odori. "Avevo chiamato l’autore – ha spiegato - un funambolo della parola. Ora aggiungerei che è un missionario della scrittura, cui dedica tutte le sue energie, rinunciando ai facili guadagni che gli potrebbe fruttare nell’immediato una produzione letteraria più conformista, piatta, banale, obbediente alle regole del mercato e della mercificazione. Marco Onofrio sarebbe perfettamente in grado di scrivere uno di quei romanzi che affollano le vetrine delle librerie, fatti di carta patinata priva di veri contenuti, che piacciono tanto al grande pubblico. Invece ha scelto ancora una volta di sperimentare, di stupirci, magari di scioccarci, facendoci sprofondare nel buio vischioso della nostra corporeità, indagando senza falsi pudori i più reconditi recessi dell’animo umano, con una prosa grottesca, antifrastica e visionaria, fondata sul multilinguismo e sull’espressivismo".

"Se non accetti il patto che Marco Onofrio ti propone, sei tagliato fuori da questa narrazione", ha avvertito Paolo Di Paolo. "E’ uno scrittore – ha continuato – insofferente a qualsiasi regola di bon ton. Eppure nelle sue prime opere si coglieva un’innata vocazione a descrivere il cielo, poi sovvertita nella produzione seguente, con la sua meditazione sulla corporeità del mondo. Quindi Marco Onofrio sa guardare in alto e al contempo sentirsi ancorato alla terra, in una sorta di saldatura tra linea petrarchesca e linea dantesca".

Per Mariolina Palumbo - specialista in terapia familiare, disagio giovanile, tutela dei minori - in "Senza cuore" si ritrova la storia del paziente, dello psicoterapeuta e della terapia. "Ho deciso – ha detto – di sottoporre questo libro ai miei pazienti del Centro di Psicologia e Psicoterapia Contemporanea. Quello che accade nelle pagine di Marco Onofrio è lo stesso che si verifica in una psicoterapia, che è un’introspezione così profonda da toccare il peggio di se stessi senza vergognarsi, arrivando alle viscere più profonde dell’essere. Non dimentichiamo che essere felice non vuol dire adeguarsi agli schemi. può anche voler dire uscire fuori da quegli schemi. E se oggi si vive quasi sempre con superficialità, dobbiamo ricordarci di dare voce ai nostri sogni e di non vivere per omologazione". Mariolina Palumbo ha poi letto un breve ma significativo passaggio del romanzo: "Mi ritrovo davanti ad uno specchio. Di quelli lunghi, a parete intera. Mi guardo e mi vedo, anche se non ci sono. Lo specchio riflette il vuoto di una stanza, io sono qui davanti, fatto di vuoto. Invisibile a me stesso, eppur mi vedo. Riconosco la forma di vuoto che sono".

Eugenio Ragni ha riscontrato nel volume di Marco Onofrio una ricchezza di linguaggio un po’ perduta nella società attuale, in cui c’è una marea di libri inutili. "Marco – ha continuato – ha una cultura straordinaria che si contrappone a un imperante piattume linguistico. Il suo lessico è ricchissimo, grazie anche a una intensa frequentazione di libri. Può permettersi il lusso di mettere nel testo non una ma 20 metafore significative. Il tutto reso con una prosa straordinariamente musicale. L’intero intreccio è una liberazione e una rinascita. Il travaglio dell’esistenza umana che esce dalle pagine di questo libro mi ha fatto pensare a uno dei sonetti più tragici del Belli, ‘La vita dell’omo’: "Nove mesi a la puzza: / poi in fassciola / tra sbasciucchi, lattime e llagrimoni: / poi p’er laccio, in ner crino, e in vesticciola, / cor torcolo e l’imbraghe pe ccarzoni".

Tra i presenti in sala anche lo scrittore Dante Maffia, secondo cui Marco Onofrio, "con la sua scrittura saporita e densa di umori, talmente accesa da diventare casta e luminosa, si muove tra pastiche colto e sonoro, poetico e starei per dire filosofico, a cominciare dall’iniziazione. Tutte le pagine grondano sensualità e lasciano un alone di buona compagnia, uno strascico di desideri, di accensioni".

di Antonio Venditti

14 novembre 2012

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