Certo
erano meno di quelli dei nostri giorni, ma i mendicanti si vedevano
un po’ in tutte le città dell’Impero romano. Le testimonianze del
passato ci parlano soprattutto di quelli di Roma e dintorni.
Sostavano per lo più presso l’ingresso dei templi, sui ponti e alle
porte cittadine: tutti luoghi molto frequentati, dove i passanti non
li potevano evitare.
Alcuni
erano senza tetto e sedevano vestiti di miseri stracci sui bordi
delle strade, tendendo la mano ai passanti per ricevere un pezzo di
pane o una moneta. Avevano accanto i loro poveri averi e qualche
volta anche un cane. Qualcuno raccontava la storia della sua rovina,
magari attraverso un quadretto con un naufragio o, come riporta
Marziale, mostrando alcuni relitti del proprio naufragio.
Sappiamo che una sorta di colonia di poveri era concentrata ad
Ariccia, intorno al santuario di Diana, dove la via Appia era in
salita. I carri in transito, costretti a rallentare, erano subito
circondati da questi derelitti che chiedevano l’elemosina ai
passeggeri. Giovenale riferisce che mandavano baci con le mani a
chiunque donasse loro qualcosa.
Nell’antica Roma non esistevano politiche sociali di sostegno agli
handicappati, molti dei quali, impossibilitati a lavorare, finivano
per chiedere la carità. Non mancavano nemmeno i simulatori, che
fingevano qualche menomazione fisica per suscitare la pietà dei
passanti.
C’era
poi anche un particolare tipo di mendicanti professionisti: i
filosofi cinici, che chiedevano l’elemosina per libera scelta di
vita.