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La cerimonia di inaugurazione alla presenza di Francesco Maria Giro

Riaperto al pubblico
il tempio di Venere e Roma

Dopo un restauro durato ventisei anni, ha riaperto al Foro Romano il tempio di Venere e Roma, affacciato sulla valle del Colosseo ed edificato dal 121 d. C. - nel luogo ove si trovava il vestibolo della Domus Aurea - dall’imperatore Adriano, che ne fu anche l’architetto. Alla cerimonia di riapertura erano presenti il Sottosegretario ai Beni e alle Attività Culturali, Francesco Maria Giro, il Commissario delegato per le aree archeologiche di Roma e Ostia antica, Roberto Cecchi, il Direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale, Mario Resca e la Soprintendente per i Beni Archeologici di Roma, Anna Maria Moretti.

"Con la riapertura della Casa delle Vestali, prevista per il mese di dicembre e della Villa dei Quintili all’Appia Antica, all’inizio del prossimo anno – ha spiegato Giro - nuovi importanti tasselli si aggiungeranno nella fruizione del patrimonio storico, culturale ed artistico capitolino".

Adriano non vide terminato il maestoso tempio, che venne inaugurato nel 141 d.C. dal suo successore, Antonino Pio. Con le sue forme ellenizzanti, si innalzava al centro del grande podio artificiale, affiancato sui lati lunghi da un doppio portico di colonne corinzie in granito grigio, con al centro due propilei. Sui lati corti il tempio era collegato con delle scalinate alla piazza del Colosseo e al Foro. Le colonne ancor oggi visibili furono rialzate durante i restauri degli anni trenta del secolo scorso. All’interno del doppio porticato si trovavano due celle precedute da un vestibolo, una per ogni divinità e orientate in senso opposto. Nulla rimane del peristilio, mentre della cella verso il Colosseo sopravvive solo l’abside. L’altra abside fu invece inglobata nell’ex convento di Santa Francesca Romana. Quello che possiamo ancora vedere del tempio risente del pesante restauro attuato da Massenzio nel 307 a seguito dell’incendio che distrusse tutta la parte centrale del Foro. A questo periodo si devono le celle absidali in laterizio con copertura a volte cassettonate, gli stucchi dei cassettoni, le colonne in porfido lungo le pareti e il pavimento in lastre marmoree.
L’abbandono dell’edificio e la su conseguente spoliazione iniziarono nel VII secolo, con la concessione a papa Onorio (625-638) da parte dell’imperatore Eraclio delle tegole di ottone di copertura del tetto da utilizzare nella basilica di San Pietro.

Durante l’amministrazione francese di Roma, tra il 1810 e il 1817, iniziarono i primi scavi sistematici dell’area e le demolizioni delle strutture medievali che si erano sovrapposte a quelle romane.

Con questa riapertura al pubblico il Commissario delegato per le aree archeologiche di Roma e di Ostia antica Roberto Cecchi, secondo un programma concordato con la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, prosegue le operazioni di messa in sicurezza dei monumenti in custodia e di ampliamento degli itinerari di visita. L’intervento del Commissario delegato ha compreso la manutenzione straordinaria di tutta l’area del tempio e le sistemazioni funzionali per l’apertura al pubblico dell’area monumentale, con una spesa di oltre 264 mila euro.

Negli anni ottanta del Novecento le due metà del tempio erano gestite da due diverse amministrazioni: il Comune di Roma amministrava la cella di Venere e il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali quella di Roma. In seguito a un accordo, vennero riunificate nel complesso monumentale dell’area archeologica del Foro Romano-Palatino, anche se conservarono diverse funzioni. La cella di Roma fruita come quinta dell’Antiquario Forense, mentre quella di Venere rimaneva un giardino urbano, anche se ormai chiuso alla città.

Il nuovo progetto di sistemazione dell’area e di restauro delle strutture ha voluto superare queste differenze, rendendo palese l’antica grandiosità e restituendo l’immagine unitaria del tempio.

Le opere di restauro più impegnative hanno interessato le semicalotte delle absidi e le alte mura del lato sud. Infatti, una profonda lesione creatasi tra le semicalotte continuava a progredire, mentre le infiltrazioni d’acqua all’interno della lesione provocavano il degrado della decorazione in stucco. Per consolidare le strutture è stato realizzato, alla base delle murature, un sistema continuo di contrafforti collegati da solai armati. Le murature delle absidi sono state consolidate con iniezioni di malta.

 Dell’argomento si parlerà a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), a "Questa è Roma", il programma ideato e condotto da Maria Pia Partisani, in studio con Livia Ventimiglia il martedì dalle 14 alle 15 e in replica il sabato dalle 10 alle 11.

di Antonio Venditti e Cinzia Dal Maso

16 novembre 2010

 

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