Il
23 maggio 1810 nasceva a Cambridgeport, vicino Boston, Margaret Fuller, la
scrittrice e giornalista americana impegnata per l’emancipazione femminile e in
prima linea nell’organizzazione e nella gestione degli ospedali nel breve e
glorioso periodo della Repubblica Romana del 1849. Un dagherrotipo del 1846 ce
la mostra elegantemente vestita, con i capelli raccolti sotto la nuca in un
chignon e l’espressione assorta.
Per celebrare il
suo duecentesimo compleanno, si è tenuto
il
seminario "Margaret Fuller Ossoli, le donne e l’impegno civile nella Roma
risorgimentale", nella Sala Assunta dell’Ospedale Fatebenefratelli, ossia
in quella stessa corsia che la vide assistere i feriti senza distinzione di
patria e di credo politico e religioso, ancor prima che nascesse la Croce Rossa.
Ha introdotto il
seminario Mario Bannoni, in rappresentanza di Laurie James, presidente del
Comitato Usa per il Bicentenario di Margaret Fuller Ossoli. Sono quindi seguiti
i saluti di David Mees, addetto culturale dell’Ambasciata degli Stati Uniti
d’America e di Jaroslaw Mikolajewski, direttore dell’Istituto polacco di Roma.
Anna Maria Cerioni, della sovraintendenza ai beni culturali del comune di Roma,
si è soffermata sulle memorie che la nostra ci
ttà
ha dedicato alle donne dell’epoca risorgimentale: dalla targa sulla dimora di
Anita e Giuseppe Garibaldi, in via delle Carrozze 59, ai busti di Colomba
Antonietti sul Gianicolo e di Giuditta Tavani Arquati in via della Lungaretta,
alla targa apposta a 150 anni dalla morte di Margaret Fuller sulla facciata del
palazzo dove abitò, in piazza Barberini 2.
L’intervento di
Cristina Giorcelli, direttore del Dipartimento di Studi Euro-americani
dell’Università degli Studi di Roma Tre, ha riguardato "Margaret Fuller,
un’intellettuale e una realizzatrice" e quello di Marco Severini, docente
di Storia del Risorgimento presso la Facoltà di Scienze politiche
dell’Università di Macerata, "Novità
storiografiche sulla Repubblica Romana".
Quindi
Enrico Luciani, presidente dell’Associazione A. Cipriani e direttore del sito
www.comitatogianicolo.it, ha illustrato la "Difesa di Roma del 1849. Memoria
e territorio". Antonio Santoro, Brigadiere Generale Medico della direzione
generale della sanità militare e docente presso l’Università di Firenze, ha
parlato di "Operatività sanitaria militare nel
1849", insieme con Federica Dal Forno.
Ginevra Conti
Odorisio, ordinaria di Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli
Studi Roma Tre, ha ricordato "Le donne del 1848", a cominciare da
Harriet Martineau, che seppe porre l’accento sull’incompiutezza della democrazia
americana, in cui permaneva la schiavitù dei neri e le donne obbedivano a leggi
che non avevano contribuito a fare, per proseguire con Cristina Trivulzio di
Belgiojoso, che dedicò alla causa italiana anche i suoi beni e sostenne per
prima il diritto alla neutralità dei feriti.
L’ultimo
intervento è stato quello di Fiorenza Taricone, dell’Università degli Studi di
Cassino, che si occupa da anni del difficile nesso tra donne e guerra, e ha
riguardato "Il patriottismo femminile nel Risorgimento". La studiosa ha
ricordato le parole di Vittorio Cian: "bisogna che noi signori uomini abbiamo
coraggio di confessare che, senza volerlo, solo spinti dal nostro istinto e
dalle nostre abitudini di maschi sopraffattori, nello scrivere la storia abbiamo
fatto e continuiamo a fare un po’ troppo la parte del leone... Bisogna che
abbiamo pure il coraggio di rivederla questa storia scritta da noi e di
riconoscere col fatto che, quanto più si estendono e si approfondiscono
le indagini sul nostro Risorgimento, più vediamo balzar fuori figure di donne".
Il Risorgimento e la storia della Repubblica Romana, poi, ha continuato Fiorenza
Taricone, ci danno modo di avvicinarci a un concetto che c’è sempre stato,
quello del travestitismo, pervenutoci come atto d’amore. "Non dico che
Colomba Antonietti non si sia vestita da uomo per stare vicino al marito, ma
dico che attraverso l’amore privato è passato l’amor patrio. L’amore è stato
l’occasione per costruire un concetto di cittadinanza attiva".
In conclusione, le
ricerche e gli approfondimenti di Mario Bannoni su "Gli anni italiani di
Margaret Fuller", che dopo la caduta della Repubblica Romana salpò per gli
Stati Uniti. A poca distanza dal porto di New York la nave colò a picco e la
Fuller perse la vita, insieme con il marito, il conte Giovanni Angelo Ossoli, e
il figlioletto.