Scoperte le immagini di Paolo, Pietro, Andrea e Giovanni

Nella catacomba di S. Tecla
i più antichi volti di Apostoli

Dalla catacomba di Santa Tecla, a due passi dalla basilica di San Paolo, tra la via Laurentina e l’Ostiense, sono riemerse le più antiche immagini degli Apostoli finora conosciute. Si tratta delle icone di Pietro, Paolo, Andrea e Giovanni, risalenti alla fine del IV secolo. Come ha precisato Fabrizio Bisconti, sovrintendente ai lavori archeologici dell’area catacombale e docente di Iconografia cristiana e medioevale all’università di Roma Tre, se per Andrea e Giovanni si tratta delle prime immagini, per Pietro e Paolo esistono delle raffigurazioni della metà del IV secolo, ma mai da soli o in forma di icona. L’identificazione degli Apostoli è stata fatta mediante il raffronto con alcune raffigurazioni di Ravenna, un poco posteriori ma dotate di didascalia. Il cubicolo dove è avvenuta la sensazionale scoperta si trova sotto un palazzo degli anni ’50, la cui costruzione fortunatamente non ha danneggiato le antiche strutture. Di modeste dimensioni, due metri per due, fu commissionato da una nobildonna di epoca tardo imperiale, che scelse per la decorazione alcuni temi biblici. La matrona è rappresentata al centro della lunetta di un arcosolio, ingioiellata e accompagnata dalla figlia, nell’atteggiamento dell’orante. La matrona tiene in mano un rotolo, simbolo di cultura e sapienza. Le donne sono affiancate da due santi, che le introducono nel Regno dei Cieli. Forse la defunta era una di quelle aristocratiche che, al tempo di San Gerolamo, si erano recate in Terra Santa per vedere i luoghi degli Apostoli.

Nella volta del cubiculo è dipinto un finto cassettonato che forse imitava quello del "martyrium" paolino, secondo le fonti tutto travi e lamine d’oro. Nel mezzo, il Buon Pastore con una pecorella sulle spalle, attorniato dal suo gregge. Agli angoli, i volti degli Apostoli entro clipei. Giovanni è il più giovane. Pietro si riconosce dalla folta capigliatura e dalla barba bianca, mentre Paolo mostra, come di consueto, la barba appuntita e una incipiente calvizie. Fu proprio l’immagine di quest’ultimo ad apparire per prima un anno fa, nel giugno del 2009. E’ quindi proseguito un paziente lavoro di restauro con una sofisticata e nuovissima tecnologia laser – usato per la prima volta in una catacomba - che ha liberato gli affreschi dallo strato di calcare di cui erano ricoperti. Come ha spiegato barbara Mazzei, responsabile del restauro, quelli catacombali sono ambienti difficilissimi in cui operare, in cui la conservazione degli affreschi è davvero eccezionale: l'umidità supera il 93%, mentre le temperature sono costantemente intorno a 13-14°. La tecnologia laser, poi, ha offerto il vantaggio di una capacità selettiva sul colore: una volta impostato, lo strumento è in grado di eliminare, per esempio, solo il bianco del calcare, fermandosi prima di attaccare i pigmenti sottostanti, che si potrebbero danneggiare con la stessa operazione eseguita a mano.

Ora finalmente si possono ammirare gli affreschi nella loro pur limitata gamma di colori, dal rosso, al rosa, al giallo, al blu. Non sono stati certo eseguiti da un pittore raffinato. Hanno le linee un po’ grossolane tipiche di quello stile compendiario caratteristico delle catacombe, dove gli affreschi si vedevano alla luce delle fiaccole o delle lucerne ed era inutile soffermarsi sui particolari.

Nella lunetta sopra all’ingresso del cubicolo è Cristo in mezzo al collegio apostolico, in una composizione tipica delle absidi delle basiliche paleocristiane.

La catacomba di Santa Tecla fu scoperta nel 1703 da Giovanni Marangoni, che, non essendo riuscito a identificarla, la chiamò "al ponticello di San Paolo". Il suo primo nucleo risale alla fine del III secolo, come una semplice galleria sotterranea collegata all’esterno da una stretta scaletta, in cui venne seppellita Santa Tecla, sulla cui identità gli studiosi non sono concordi. Alcuni ritengono che si tratti della famosa discepola di Paolo, le cui reliquie erano state portate a Roma proprio nel III secolo. Altri pensano che sia una matrona romana martirizzata sotto Diocleziano.

All’inizio del IV secolo, sul posto del piccolo ipogeo venne costruita una basilica, sul cui retro nel corso del IV secolo si sviluppò la catacomba, che attualmente non è aperta al pubblico.

Dell’argomento si parlerà a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), a "Questa è Roma", il programma ideato e condotto da Maria Pia Partisani, in studio con Livia Ventimiglia il martedì dalle 14 alle 15 e in replica il sabato dalle 10 alle 11.

di Antonio Venditti e Cinzia Dal Maso

29 giugno 2010

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