Opera di Marcello Piacentini fu inaugurato nella primavera del 1930
La tecnologia fece nascere il cinema - teatro Barberini
di Antonio Venditti

Nel 1932 iniziarono i lavori di apertura di via Barberini quale arteria di collegamento tra l’omonima piazza e quella di San Bernardo con un’ampia azione progettuale di Marcello Piacentini che svolse un ruolo di primo piano nella trasformazione urbana dell’intera area circostante. Nell’anno successivo, insieme a Giuseppe Capponi, Piacentini si dedicò alla costruzione dell’attuale cinema laddove sorgeva il Garage Centrale. Piacentini aveva indicato già a Roma le svolte stilistiche del proprio percorso professionale con la realizzazione di architetture adibite a cinematografo. Nell’attività del primo periodo si era distinto per la realizzazione del cinema Corso, successivamente con il cinema Quirinetta. Nel gettare le fondamenta del cinema – teatro Barberini tornò alla luce un antico mosaico. La vera difficoltà incontrata da Piacentini fu l’inserimento della costruzione in una delle due testate terminali dell’allora viale Regina Elena, mediante la demolizione delle case che circondavano piazza Barberini.

La struttura del cinema-teatro, costituita da una gabbia in cemento armato, dimostrava l’abilità del progettista nel contenere l’edificio in limitate altezze, tali da non compromettere la visibilità della piazza e del palazzo Barberini.

In quel periodo incominciava a farsi strada a Roma lo stile razionalista in cui le forme architettoniche si traducevano in volumi puri. La tipologia della sala, a sviluppo planimetrico rettangolare e con una capienza di 2000 posti, dimostra la perfetta adesione allo schema distributivo dei cinema fine anni Venti. La cabina di proiezione, la più grande d’Europa, era isolata, spaziosa e adatta all’impianto del cinema sonoro dotato di otto gruppi-motore. L’ingresso del cinema era sottolineato da un’elegante pensilina in ferro e vetro. Il vestibolo, circolare, a doppia altezza, presentava un le pareti in stucco romano color giallo avana, la zoccolatura in travertino lucido e il pavimento in grès ceramico a due colori formava un articolato disegno geometrico. Il mobile cassa e il guardaroba erano in legno di palissandro nero e acero bigio americano con metalli cromati. Tutte le luci fluorescenti erano nascoste nel giro delle cornici o nelle architravature delle porte. Nel momento in cui il visitatore varcava l’ingresso del cinema aveva la percezione di un’atmosfera da sogno. Una precisa scelta era rivolta alla cromia delle poltroncine in legno di palissandro nero, lussuosamente rivestite di stoffa di crine rosa con lumeggiature in argento. Anche il sipario era in velluto rosa con disegni in argento, mentre tutti i pilastri che costeggiavano la platea erano rivestiti in marmo grigio di Pietrasanta e le parti in legno della balaustra sul piano della balconata erano in palissandro nero con inserti in legno chiaro di acero.

Nel cinema Barberini si pose particolare cura all’apparato acustico per garantire un’alta rispondenza fonica. La tecnologia riguardò anche il ricambio dell’aria per mezzo di un potente impianto di ventilazione forzata. Durante la pausa veniva comandata elettricamente l’apertura del lucernario centrale. Il boccascena aveva ai lati luci di intensità graduale nelle tre cornici a rientranza scalare, che davano l’effetto di una "vasta e morbida gamma di colori e intensità diverse". Sempre elettricamente lo schermo poteva essere rimosso da un cilindro verticale e gli altoparlanti erano sollevati da tiri differenziati.

L’architettura nel suo complesso fu qualificata dalla stampa dell’epoca con i termini di "modernità chiara e meditata".

Il cinema Barberini presentava una decorazione plastica, andata perduta, opera di Alfredo Biagini che aveva già collaborato con Piacentini nell’apparato decorativo del cinema Corso a Roma. Tutte le pareti della balconata avevano bassorilievi in stucco in cui si leggevano semplici scene riferite alle arti; mentre nel foyer lo scultore aveva compiuto dei raffinati sovrapporta con soggetto femminile e animali in bronzo argentato.

L’inaugurazione del cinema Barberini avvenne nella primavera del 1930, la gestione fu affidata a Alessandro Aboaf, presidente della Società industriale cinematografica italiana, che portò la struttura a registrare ampi consensi di pubblico al quale sembrava di entrare in "un’oasi di riposo e una fonte di energia".

Il cinema ha subìto nel tempo vari restauri. Nel 1991 lo spazio è stato suddiviso in tre sale a cui si sono aggiunte altre due.

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