Spirò all’ospizio dei Pellegrini il 6 luglio di 160 anni fa
Gli ultimi giorni di Goffredo Mameli
di Cinzia Dal Maso

In piazza della Trinità dei Pellegrini, nel rione Regola, accanto alla chiesa omonima, sorse nel 1625 un grandissimo ospizio, costruito per offrire assistenza ai fedeli che accorrevano a Roma durante il Giubileo di quell'anno. Nel refettorio nobili e cardinali lavavano i piedi dei pellegrini. Nel 1940 l’ospizio fu in gran parte demolito e oggi ospita alcuni uffici. La facciata, a due piani, ha finestre semplicemente riquadrate e un portale con ai lati due finestre architravate con davanzali e mensoloni sottostanti e due cassette marmoree per elemosine. Sopra la finestra a sinistra del portale, una targa marmorea ricorda che "In questo ospizio Goffredo Mameli e molti altri valorosi morirono di ferite a difesa di Roma per la libertà d'Italia  nell'anno MDCCCXLIX".

Infatti, durante i durissimi scontri che decretarono la fine della Repubblica Romana, l’ospizio era stato trasformato in ospedale militare. Il 3 giugno, durante i combattimenti sul Gianicolo, l’autore dell’Inno d’Italia fu ferito inavvertitamente da un commilitone, un bersagliere di Luciano Manara, alla gamba sinistra. Lo portarono per una medicazione e un breve ricovero all’ospizio dei Pellegrini. Ma fu curato tardi e male. Il medico Agostino Bertani non lo vide che 16 giorni dopo, quando la situazione si era tremendamente aggravata. Lo assisteva la bella veneziana Adele Baroffio, innamorata di lui, ma gli fu vicino fino alla fine anche la principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso, che tanto si prodigò per l’organizzazione dei soccorsi ai feriti di quei giorni. A quanto pare, durante le prime cure, nella concitazione del momento, era stato estratto dalla gamba di Goffredo un proiettile, ma vi era stato dimenticato lo stoppaccino, ossia la garza contenente la polvere da sparo, che avrebbe provocato la cancrena. Quando la Belgiojoso se ne accorse, le sue urla si udirono risuonare per tutta la corsia. Fu decisa l’amputazione della gamba, ma nemmeno questa riuscì a salvare il giovane poeta, che divorato dalla febbre a volte recitava nel delirio i versi di "Fratelli d’Italia". Come riferisce lo storico inglese George Macaulay Trevelyan, nelle ultime notti la principessa gli leggeva Dickens alla fioca luce di una candela. Il 6 luglio di 160 anni fa, spirò tra le braccia della Belgiojoso. Aveva 22 anni.

© 2003/2008  - Testo, foto, grafica e layout  sono di esclusiva proprietà di www.specchioromano.it

WWW.SPECCHIOROMANO.IT - Rivista telematica di Cultura
Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 224 / 2013 del 25 settembre 2013
Copyright 2003-2021 © Specchio Romano  - webmaster Alessandro Venditti

Contatore siti