"La
magia della linea. 110 disegni di de Chirico dalla Fondazione
Giorgio e Isa de Chirico" è la straordinaria mostra - promossa dal
Comune di Roma e dalla Fondazione Giorgio e Isa De Chirico -
ospitata dal Museo Carlo Bilotti all’Aranciera di Villa Borghese
fino al prossimo 19 aprile, dedicata a quel disegno che per de
Chirico il disegno è impronta del pensiero, un genere con dignità
pari se non superiore al dipinto.
L’esposizione, curata da Elena
Pontiggia e organizzata da Zètema Progetto Cultura, oltre ai lavori
provenienti dalla Fondazione, comprende anche uno straordinario
gruppo di disegni metafisici della Galleria Nazionale d’Arte Moderna
di Roma.
Si va dai Ritratti di Rissa, ai Nudi
antichi (1926), al gruppo dei Gladiatori, Hebdomeros del 1928, fino
alla suggestiva serie dei Mobili nella valle e dei Bagni misteriosi
degli anni Trenta, per proseguire con i disegni realistici degli
anni quaranta, tra cui l’impressionante Autoritratto come Cristo sul
Calvario e l’affettuosa serie di schizzi coi cani di famiglia.
Si arriva quindi alle incisioni per
L’Apocalisse del 1941 e alle carte del periodo neometafisico degli
anni sessanta e settanta, per chiudere il percorso espositivo con
una sezione riservata a scene, costumi e figurini per il teatro. A
integrazione della sezione teatrale sono esposti per la prima volta
i bellissimi costumi per Pulcinella del 1931 e Protée del 1938,
recentemente acquisiti dalla Fondazione.
La mostra è completata dal catalogo
Skira, con testi di Paolo Picozza, Achille Bonito Oliva, Michele
Tavola e un analitico saggio introduttivo di Elena Pontiggia, che
ricostruisce la teoria di de Chirico sul disegno.
La manifestazione rientra nella serie
di eventi di alto profilo culturale che, sotto la guida e la regia
di Achille Bonito Oliva, si svolge tra il 2008 e il 2010 con il nome
di Immortalità a Giorgio de Chirico, un tributo reso da Roma al
Maestro in occasione del Trentennale della morte e dei 120 anni
dalla nascita.
"La
mostra al Museo Bilotti, presentando opere di altissima qualità per
lo più sconosciute al pubblico, segna una tappa fondamentale ed un
insostituibile gradino per la comprensione di aspetti ancora in
ombra dell’opera del grande Metafisico", spiega Paolo Picozza,
presidente della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico. "Che per
Giorgio de Chirico il disegno fosse alla base di qualunque atto
artistico – continua - è testimoniato copiosamente sia dall’opera
grafica stessa, che copre senza tentennamenti un arco di tempo
parallelo a tutto il lungo percorso artistico dell’autore, sia da
numerosi scritti e da varie testimonianze biografiche. Nelle sue
Memorie, ad esempio, troviamo diversi passi significativi legati
all’apprendimento della difficile pratica del disegno, dal tirocinio
con i vari maestri Mavrudis e Carlo Barbieri, agli esercizi col
padre che gli aveva rivelato il segreto, ad esempio, della
suggestiva tecnica delle "croci", per misurare le proporzioni di
occhi, naso e bocca nel disegno dei volti".
Un campo di ricerca ancora in parte
inesplorato e oggetto di un approfondito studio della curatrice
della mostra, che riesce a cogliere e rendere comprensibili le
sottili distinzioni al disegno, tra fase preparatoria, opera
propedeutica, e opera a sé, compiuta e indipendente.
Per Achille Bonito Oliva, "il disegno
costituisce il momento di assestamento della immagine, il momento
privato dell’accanimento dell’artista che si esercita intorno al
proprio nucleo fantastico, cercando di estrarre l’idea indistinta
che percorre tutto il corpo, fino al suo terminale, la mano che
affronta lo spazio vertiginoso del foglio bianco. Nell’arte
contemporanea il disegno diventa direttamente il momento
autosufficiente dell’idea che diventa forma, del segno che si
accontenta della propria leggerezza, rinunciando all’enfasi visiva e
tattile della materia pittorica o scultorea". "Giorgio de Chirico –
insiste il critico - considera maestri del disegno Dürer, Fragonard,
Watteau, Ingres, il Piccio, Goethe, Musset, Victor Hugo". Secondo il
maestro della metafisica, "l’alleanza del cervello con la mano,
questa alleanza tra il cervello che può ideare e la mano che può
creare, cioè che materializza l’idea, questa collaborazione tra il
cervello e la mano, è il fattore che ha reso possibile il sorgere
delle nostre civiltà e la creazione di tante opere tra cui autentici
capolavori, quindi la nascita e l’esistenza dell’Arte".
"Per de Chirico – prosegue Bonito
Oliva" disegnare diventa letteralmente incarnare, non nel senso di
mettere carne, di ricoprire e occultare, ma nel senso di far
trasparire il movimento", che non è la retorica del moto, né la
parodia dell’eros, ma ciò che trattiene l’immaginario nella propria
possibilità, ciò che gli permette di essere sincronico e diacronico,
contemporaneamente discendente e ascendente. "Trasparire, ciò che dà
trasparenza, significa apparire attraverso, dare l’immagine
attraverso il movimento e il movimento diretto dell’immagine. Così
il disegno non è mai l’oggetto, non è mai il punto morto
dell’immaginario, ma sempre un verbo, nel senso che è, e sta per,
l’emergere, il venire in superficie di esso. La trasparenza è il
luogo categoriale del disegno, è il punto dopo il quale non si va da
capo, è una serie di puntini che possono essere percorsi da destra
verso sinistra e da sinistra verso destra. Quando l’immagine
traspare e appare sulla superficie tridimensionale del foglio, il
movimento si svolge come assestamento e dilatazione".