Da Esopo a Fedro, gli animali raccontano vizi e virtù umane
Il fantastico mondo delle antiche fiabe
di Annalisa Venditti

Tra i generi letterari dell’antichità greca e romana troviamo anche la favola, che tanta fortuna ebbe nei secoli a venire.

Fedro, liberto dell’imperatore Augusto (27 a.C. – 14 d.C.) portò a Roma questa forma narrativa già resa celebre in ambiente ellenico da Esopo (VI sec. a.C.).

Secondo la tradizione, Esopo sarebbe stato uno schiavo di origine frigia, balbuziente e di aspetto deforme, ucciso a Delfi dal popolo adirato per le accuse di dissolutezza che egli aveva rivolto alla cittadinanza.

La leggenda sembra mescolarsi alla realtà, delineando la sua figura con tratti forse troppo romanzati, ma che ben si addicono allo straordinario autore di quel mondo di animali "parlanti", specchio dei vizi e delle virtù umane, che ancora tanto ci affascina.

Al suo nome si legano celeberrime favole come quella della volpe che, non potendo arrivare all’uva, la disprezza perché "acerba": in tutto 500 componimenti, cui va il merito di aver riordinato il ricco materiale favolistico greco fino ad allora affidato alla memoria orale. Gli apologhi di Esopo si presentano come dei brevi racconti di fantasia dal significato educativo e morale dove non mancano interessanti spunti di critica sociale e lo scontro inevitabile tra i più deboli e i prepotenti, dietro cui si celano governanti e potenti. Fedro, invece, potrebbe essere nato in Macedonia. Da bambino era giunto nell’Urbe come schiavo e si era formato con la lettura di Ennio, dove aveva fortificato la sua grecità letteraria con la romanità acquisita. Assegnato alla servitù, la "familia", di Augusto aveva continuato a coltivare la letteratura, decidendo di dedicarsi alla "fabula", ripercorrendo il modello esopico. Forse proprio grazie alla sua cultura era stato affrancato, ovvero liberato dall’Imperatore.

"Esopo è l’autore del genere – si legge nel prologo del primo dei suoi cinque libri di favole – ma la sua materia io l’ho rimessa a posto…E’ duplice il pregio del mio libretto: fa ridere e stimola la vita della persona saggia con una riflessione. Se poi qualcuno volesse criticarmi perché non solo gli animali, ma anche le piante parlano, beh, si ricordi che io scherzo con parole finte".

Le favole, sia in Grecia che a Roma, erano usate anche come libri di testo nelle scuole per il loro valore simbolico e pedagogico.

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