La
devastante eruzione del Vesuvio del 79 d.C. seppellì in una notte uomini e cose,
sigillando sotto una coltre di lava una città intera ancora pullulante di vita,
la fiorente Ercolano, ma al tempo stesso conservandola con i segni della
catastrofe. Quei tetti scoperchiati, le porte scardinate, le statue travolte, la
suppellettile disseminata ovunque, possono però per la maggior parte essere
recuperati e ricomposti e arrivare vividi a noi come se il tempo non fosse
trascorso, testimonianza freschissima della vita e della società romana,
comprendente anche materiali organici carbonizzati, quali tessuti, papiri,
legni, commestibili, tavolette cerate.
Le altissime temperature
sviluppate dall’eruzione hanno infatti determinato a Ercolano un fenomeno di
conservazione assolutamente originale e in larga misura privo di confronti anche
nella stessa Pompei.
Le sculture, gli affreschi, le
iscrizioni scoperti nell’arco di quasi tre secoli sono ora oggetto di una
straordinaria mostra ospitata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli fino al
13 aprile 2009.
La plurisecolare storia degli
scavi di Ercolano visse una prima stagione per impulso del re Carlo di Borbone,
che nel 1738 diede ufficialmente inizio alle esplorazioni per cunicoli
sotterranei. Le opere di particolare pregio vennero portate nell’Herculanense
Museum, ricavato nell’ala del Palazzo Caramanico della Reggia di Portici che
Carlo di Borbone aveva fatto costruire affinché visitatori di rango e studiosi,
previo permesso regio, potessero ammirarli. In questo periodo furono esplorati
il Teatro, la Villa dei Papiri, la Basilica Noniana e l’Augusteum,
con gli imponenti cicli scultorei trasferiti nel 1822 dall’Herculanense Museum
al Palazzo degli Studi a Napoli, attuale Museo Archeologico Nazionale.
La grandiosa e sistematica
operazione di scavo a cielo aperto e di contestuale restauro si deve invece
Amedeo Maiuri, che fra il 1927 e il 1958, ha messo in luce la massima parte
dell’attuale parco archeologico. Tutte le opere provenienti da questi scavi sono
rimaste a Ercolano, insieme a quelle rinvenute nelle esplorazioni degli ultimi
venti anni, come la statua loricata di Nono Balbo, gli splendidi rilievi
arcaistici e la peplophoros e l’Amazzone dall’area della Villa dei
Papiri.
In occasione della mostra
"Ercolano. Tre secoli di scoperte", l’atrio monumentale del Museo ritorna ad
essere uno spazio espositivo.
Il percorso della mostra, che
comprende oltre 150 opere, è articolato in sezioni opportunamente definite da
uno scenografico gioco di luci, che simboleggia la distanza tra la vita
immortale degli dei e la caducità della vita umana.
Si inizia con un viva luce che
illumina le figure di dei, eroi e delle dinastie imperiali, così come ci
appaiono nelle sculture di Ercolano, in particolare quelle provenienti dall’Augusteum.
Si prosegue con una luce in
graduale attenuazione nelle successive sezioni, dedicate rispettivamente alle
illustri famiglie ercolanesi che con atti di munificenza privata contribuirono
al rinnovamento edilizio della città nella prima metà del I secolo d.C. e alle
numerose sculture della Villa dei Papiri, che hanno fatto di questa dimora un
osservatorio privilegiato per la comprensione del ruolo svolto dalla cultura
greca presso le classi dominanti della tarda repubblica romana.
Una luce più soffusa si
diffonde sui ritratti della gente comune, accostati alle liste dei cittadini
incise su marmo.
Infine, le tenebre avvolgono
gli scheletri dei fuggiaschi, una delle più straordinarie scoperte archeologiche
degli ultimi decenni: uomini, donne e bambini che avevano cercato rifugio
sull’antica spiaggia e negli ambienti voltati prospicienti il mare, catturati
all’improvviso dalla furia devastatrice del Vesuvio. Di loro, spiega Pier
Giovanni Guzzo nel Catalogo Electa (290 pagine, 50 euro), prezioso complemento
alla mostra, "rimangono le membra contorte, le bocche spalancate, l’ultimo gesto
disperato. Dei loro occhi, abbacinati prima e poi bruciati dal furore del
vulcano, rimangono le vuote occhiaie, pozzi di una disperazione senza riscatto".
L’ultima sezione prende spunto
da un recente ritrovamento effettuato a Ercolano dalla Soprintendenza Speciale
per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei. Nell’ambito dello scavo della Villa
dei Papiri e dell’Insula Occidentalis, e precisamente sulla terrazza del
porticato adiacente al grande complesso termale dotato di piscina calda, è
tornata alla luce, nel luglio 2007, una massa informe di materiale organico, nei
pressi di una borsa di cuoio, di legni carbonizzati pertinenti ad imbarcazioni e
di una rete con pesi di piombo. Il microscavo della massa informe ha consentito
di recuperare un esteso frammento di tessuto, forse canapa, che nel suo aspetto
consolidato viene presentato per la prima volta al pubblico.
Per l’occasione si esporrà
anche una significativa selezione di tessuti provenienti da Ercolano e da
Pompei, che fanno parte di una raccolta del Museo Archeologico Nazionale di
Napoli rimasta ad oggi sconosciuta al grande pubblico e costituita da 180
reperti tessili. Accanto a sacchi, sacchetti e piccoli borsellini, sono
conservati pezzi in tela forse di indumenti personali quali tuniche e mantelli.
L’esposizione di reperti tessili sarà integrata da un repertorio iconografico
costituito da sculture e affreschi vesuviani, che consentiranno di inquadrare
meglio i tessuti attraverso l’uso che se ne faceva nell’abbigliamento.
Le sculture in mostra verranno
in seguito esposte nell’Antiquarium di sito, la cui apertura al pubblico
è prevista per la fine del 2009.
La mostra è promossa dal
Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Campania - Soprintendenza
Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei e curata da Pietro Giovanni
Guzzo, Maria Paola Guidobaldi e Maria Rosaria Borriello
Organizzazione e comunicazione
sono di Electa.
Il prezioso Catalogo Electa si
avvale di esaurienti saggi critici e di bellissime foto a colori che
basterebbero da sole a testimoniare l’importanza, la bellezza e la ricchezza
delle opere in mostra, riunite a costituire una galleria di capolavori della
statuaria antica, un repertorio di pitture ispirate dai capolavori dei massimi
artisti greci, un insieme di iscrizioni di inestimabile valore storico.