Tre secoli di scoperte fanno rivivere Ercolano

Una grande mostra al Museo Archeologico Nazionale di Napoli

di Cinzia Dal Maso e Antonio Venditti

La devastante eruzione del Vesuvio del 79 d.C. seppellì in una notte uomini e cose, sigillando sotto una coltre di lava una città intera ancora pullulante di vita, la fiorente Ercolano, ma al tempo stesso conservandola con i segni della catastrofe. Quei tetti scoperchiati, le porte scardinate, le statue travolte, la suppellettile disseminata ovunque, possono però per la maggior parte essere recuperati e ricomposti e arrivare vividi a noi come se il tempo non fosse trascorso, testimonianza freschissima della vita e della società romana, comprendente anche materiali organici carbonizzati, quali tessuti, papiri, legni, commestibili, tavolette cerate.

Le altissime temperature sviluppate dall’eruzione hanno infatti determinato a Ercolano un fenomeno di conservazione assolutamente originale e in larga misura privo di confronti anche nella stessa Pompei.

Le sculture, gli affreschi, le iscrizioni scoperti nell’arco di quasi tre secoli sono ora oggetto di una straordinaria mostra ospitata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli fino al 13 aprile 2009.

La plurisecolare storia degli scavi di Ercolano visse una prima stagione per impulso del re Carlo di Borbone, che nel 1738 diede ufficialmente inizio alle esplorazioni per cunicoli sotterranei. Le opere di particolare pregio vennero portate nell’Herculanense Museum, ricavato nell’ala del Palazzo Caramanico della Reggia di Portici che Carlo di Borbone aveva fatto costruire affinché visitatori di rango e studiosi, previo permesso regio, potessero ammirarli. In questo periodo furono esplorati il Teatro, la Villa dei Papiri, la Basilica Noniana e l’Augusteum, con gli imponenti cicli scultorei trasferiti nel 1822 dall’Herculanense Museum al Palazzo degli Studi a Napoli, attuale Museo Archeologico Nazionale.

La grandiosa e sistematica operazione di scavo a cielo aperto e di contestuale restauro si deve invece Amedeo Maiuri, che fra il 1927 e il 1958, ha messo in luce la massima parte dell’attuale parco archeologico. Tutte le opere provenienti da questi scavi sono rimaste a Ercolano, insieme a quelle rinvenute nelle esplorazioni degli ultimi venti anni, come la statua loricata di Nono Balbo, gli splendidi rilievi arcaistici e la peplophoros e l’Amazzone dall’area della Villa dei Papiri.

In occasione della mostra "Ercolano. Tre secoli di scoperte", l’atrio monumentale del Museo ritorna ad essere uno spazio espositivo.

Il percorso della mostra, che comprende oltre 150 opere, è articolato in sezioni opportunamente definite da uno scenografico gioco di luci, che simboleggia la distanza tra la vita immortale degli dei e la caducità della vita umana.

Si inizia con un viva luce che illumina le figure di dei, eroi e delle dinastie imperiali, così come ci appaiono nelle sculture di Ercolano, in particolare quelle provenienti dall’Augusteum.

Si prosegue con una luce in graduale attenuazione nelle successive sezioni, dedicate rispettivamente alle illustri famiglie ercolanesi che con atti di munificenza privata contribuirono al rinnovamento edilizio della città nella prima metà del I secolo d.C. e alle numerose sculture della Villa dei Papiri, che hanno fatto di questa dimora un osservatorio privilegiato per la comprensione del ruolo svolto dalla cultura greca presso le classi dominanti della tarda repubblica romana.

Una luce più soffusa si diffonde sui ritratti della gente comune, accostati alle liste dei cittadini incise su marmo.

Infine, le tenebre avvolgono gli scheletri dei fuggiaschi, una delle più straordinarie scoperte archeologiche degli ultimi decenni: uomini, donne e bambini che avevano cercato rifugio sull’antica spiaggia e negli ambienti voltati prospicienti il mare, catturati all’improvviso dalla furia devastatrice del Vesuvio. Di loro, spiega Pier Giovanni Guzzo nel Catalogo Electa (290 pagine, 50 euro), prezioso complemento alla mostra, "rimangono le membra contorte, le bocche spalancate, l’ultimo gesto disperato. Dei loro occhi, abbacinati prima e poi bruciati dal furore del vulcano, rimangono le vuote occhiaie, pozzi di una disperazione senza riscatto".

L’ultima sezione prende spunto da un recente ritrovamento effettuato a Ercolano dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei. Nell’ambito dello scavo della Villa dei Papiri e dell’Insula Occidentalis, e precisamente sulla terrazza del porticato adiacente al grande complesso termale dotato di piscina calda, è tornata alla luce, nel luglio 2007, una massa informe di materiale organico, nei pressi di una borsa di cuoio, di legni carbonizzati pertinenti ad imbarcazioni e di una rete con pesi di piombo. Il microscavo della massa informe ha consentito di recuperare un esteso frammento di tessuto, forse canapa, che nel suo aspetto consolidato viene presentato per la prima volta al pubblico.

Per l’occasione si esporrà anche una significativa selezione di tessuti provenienti da Ercolano e da Pompei, che fanno parte di una raccolta del Museo Archeologico Nazionale di Napoli rimasta ad oggi sconosciuta al grande pubblico e costituita da 180 reperti tessili. Accanto a sacchi, sacchetti e piccoli borsellini, sono conservati pezzi in tela forse di indumenti personali quali tuniche e mantelli.
L’esposizione di reperti tessili sarà integrata da un repertorio iconografico costituito da sculture e affreschi vesuviani, che consentiranno di inquadrare meglio i tessuti attraverso l’uso che se ne faceva nell’abbigliamento.

Le sculture in mostra verranno in seguito esposte nell’Antiquarium di sito, la cui apertura al pubblico è prevista per la fine del 2009.

La mostra è promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Campania - Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei e curata da Pietro Giovanni Guzzo, Maria Paola Guidobaldi e Maria Rosaria Borriello

Organizzazione e comunicazione sono di Electa.

Il prezioso Catalogo Electa si avvale di esaurienti saggi critici e di bellissime foto a colori che basterebbero da sole a testimoniare l’importanza, la bellezza e la ricchezza delle opere in mostra, riunite a costituire una galleria di capolavori della statuaria antica, un repertorio di pitture ispirate dai capolavori dei massimi artisti greci, un insieme di iscrizioni di inestimabile valore storico.

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