Tra
il 1865 e il 1866 veniva scoperto uno degli edifici più importanti per la
topografia e la storia dell’antico Trastevere. Risale all’età imperiale ed è
situato all’angolo tra via di Montefiore e via della VII Coorte, dove si trova
l’ingresso attuale: è l’Excubitorium, o corpo di guardia, della VII coorte dei
vigili del fuoco, il corpo armato istituito da Augusto nel 6 d.C. con il compito
di estinguere e di prevenire gli incendi e di salvaguardare la pubblica
sicurezza, specie di notte. Ognuna delle sette coorti di vigili era preposta a
due delle quattordici regioni in cui Roma era stata divisa dalla riforma
augustea. Ogni coorte, a sua volta, aveva sul suo territorio una caserma (statio),
da cui dipendeva un corpo di guardia.
Sull’eccezionale ritrovamento l’allora
Ministro dei Lavori Pubblici presentò subito una relazione a Pio IX, chiedendo
la possibilità di continuare le ricerche e auspicando "la conservazione del
monumento". Gli scavi, completati in epoca di poco successiva, rivelarono subito
l’enorme valore documentario delle strutture, sia per la disposizione degli
ambienti che per l’alto numero di graffiti delle pareti, nei quali la VII Coorte
era nominata per ben venti volte. L’area, purtroppo, venne abbandonata a se
stessa e alle ingiurie del tempo, lasciando che le pitture di cui erano
ricoperte le pareti andassero in rovina, insieme con la pavimentazione musiva.
Una razionale sistemazione del monumento è avvenuta a un secolo esatto dal
rinvenimento, nel 1966. Oggi è visitabile su richiesta, con accesso al n. 9 di
via della VII Coorte, dove la porta è sormontata dallo stemma di Pio IX. Una
scala moderna porta al livello antico, a 8 metri di profondità rispetto al
moderno piano stradale. Fin dai primi scavi fu chiaro che l’Excubitorium si era
impiantato verso la fine del II secolo d.C. in un edificio originariamente
privato. Il primo ambiente che si incontra è una vasta aula con al centro una
vasca esagonale e lati concavi, di fronte alla quale, nella parete meridionale,
si apre una grande porta ad arco in mattoni sormontata da un timpano e in
origine (foto a destra) fiancheggiata da due paraste con basi e capitelli
corinzi, oggi non più visibili. Attraverso la porta si accede al Larario, il
sacello dedicato al nume tutelare dei vigili, il Genio Excubitori. Poco resta
della decorazione pittorica delle pareti. Si vedono solo, alla sommità dei lati
brevi, pannelli delimitati da fasce rosse con al centro un motivo a colonne e
architravi che inquadrano esili figure su fondo bianco. Nel corso della seconda
Guerra Mondiale è andato perso anche il pavimento dell’aula centrale con un
mosaico a tessere bianche e nere documentato da disegni e foto, dove si
vedevano, sul lato settentrionale, due tritoni, uno dei quali aveva nella destra
un tridente e nella sinistra una torcia spenta, simbolo del fuoco domato.
L’altro tritone, invece, reggeva una fiaccola accesa e indicava il mare, ossia
l’acqua con cui si spengono gli incendi. Ci dovevano essere anche altri mostri
marini, oltre a un caprone, un cavallo e un serpente.
Intorno all’aula si aprivano altri
ambienti, probabilmente le stanze dei vigili, alcuni dei quali conservavano le
loro pitture di IV stile pompeiano con portichetti e tempietti o con animali
marini, genietti, uccelli e vegetazione. Rimane, fortunatamente, l’affresco del
sottarco della porta che si apre quasi di fronte a quella del Larario, in cui si
riconoscono un erote e cavalli marini. Uno degli ambienti, con pavimento in
cocciopesto e un chiusino al centro, doveva essere una bagno. Un vano con
pavimento in opera spigata – con i mattoni disposti a spina di pesce - era
utilizzato come magazzino: infatti vi è ancora interrato uno di quei dolii che
nel mondo romano si utilizzavano per conservare legumi, grano, olio o vino.
Dubbia rimane invece la funzione di due ambienti contigui e comunicanti tra
loro, anche essi pavimentati in opera spigata, sovrapposta però a una originaria
pavimentazione musiva a piccole tessere bianche.
Tra i graffiti che coprivano le pareti
del grande atrio torna spesso l’indicazione di sebaciaria e di milites
sebaciarii, con riferimento al termine latino "sebum", ossia sego, il
materiale con cui erano fabbricate le fiaccole. I sebaciari, quindi, dovevano
essere soldati destinati a turni di guardia e di perlustrazione notturna con
torce di sego. I quasi cento graffiti, spesso datati e trascritti subito dopo la
loro scoperta, appartengono agli anni tra il 215 e il 245 d.C. e
fanno pensare che i sebaciari siano stati utilizzati anche per l’illuminazione
notturna delle terme, voluta dall’imperatore Caracalla. Da queste scritte
tracciate dagli stessi vigili sulle pareti si sono ricavate molte informazioni
sulla loro organizzazione e sulla vita in caserma. Ci sono saluti agli
imperatori e ringraziamenti agli dei, ma anche nomi e gradi dei vigili.
Nel corso degli scavi furono rinvenuti
anche molti ex-voto in terracotta "tutti uguali", costituiti da un busto
femminile "con capo velato e mitra". Tra le scoperte più notevoli, un busto
dell’imperatore Alessandro Severo, oggi conservato in Vaticano. A breve distanza
dall’Excubitorium, si trovò una fiaccola in bronzo composta da quattro parti
scomponibili e terminante in alto con un contenitore per l’olio a forma di
fiamma, che fu acquistata dal Municipio e ora è nelle collezioni dell’Antiquarium
Comunale.
Ad agosto e settembre sarà possibile
visitare l’Excubitorium nell’ambito della manifestazione "Musei d’estate. Quando
l’arte diventa spettacolo" - promossa dall'Assessorato capitolino alle Politiche
Culturali in collaborazione con Zètema Progetto Cultura. Per informazioni
rivolgersi al Contact Center 060608 (tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore
22.30 e www.060608.it) o visitare il sito www.museincomuneroma.it.
Dell’argomento si parlerà nel corso
dell’Intervista possibile di "Questa è Roma!", la trasmissione ideata e condotta
da Maria Pia Partisani, in onda ogni domenica dalle 9.30 alle 10.30 su Nuova
Spazio Radio (88.150 Mhz): un’ora dedicata agli episodi più curiosi e
sconosciuti della storia della Capitale, durante la quale la professoressa
Partisani illustra gli aspetti genuini del suo folklore, gli aneddoti e la
grandezza del mondo antico.