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Il neonato veniva preso in braccio dal padre

Nascere nell’antica Roma

Nell’antica Roma la nascita di un figlio era un lieto evento che veniva festeggiato con gioia. Proprio come si usa ancora ai giorni nostri preparando fiocchi azzurri o rosa, il padre faceva appendere ghirlande di fiori fuori la porta di casa. C’era anche chi, a tramandarlo è Giovenale, in preda alla più grande delle felicità decideva di far pubblicare la notizia, a incontrastabile prova della propria virilità. Il padre non poteva assistere al parto, perché di regola nella stanza dove avveniva potevano entrare solo le donne. Accanto alla futura mamma era l’obstetrix, la levatrice, coadiuvata da alcune ancelle. A seconda dei casi, poteva essere presente un medico. Spesso, però, molte donne partorivano da sole, sdraiate su un letto o sedute su un’apposita sedia. Carmenta, Giunone e Lucina erano le divinità che si invocavano affinché la nascita fosse propiziata dal loro benefico intervento. In un bassorilievo tombale rinvenuto nella necropoli di Ostia antica una donna è raffigurata mentre, seduta su una sedia gestatoria, partorisce con l’aiuto di una ostetrica seduta dinanzi a lei. Un’altra donna sostiene alle spalle la fatica della partoriente. Dopo aver verificato che il neonato fosse in buone condizioni, la levatrice tagliava il cordone ombelicale, lavava la tenera creatura e la deponeva nella culla.
Subito dopo il figlio era presentato al padre che, con il significativo gesto di prenderlo in braccio, lo legittimava socialmente. Questo momento era importantissimo e dall’inequivocabile significato morale.
I poppatoi potevano avere delle forme curiose, simili a quelle di un giocattolo, per far sì che i bimbi si divertissero nel succhiare il latte. Alcuni venivano riempiti con dei sassolini e venivano utilizzati come sonagli. Con il termine "crepiindia" si indicavano i trastulli infantili, per lo più oggetti dalle svariate forme, che agitati producevano suoni in grado di distogliere il neonato dal pianto. Molto amato era il "tintinnibulum", un grazioso campanellino.
Una volta cresciuti, diversi erano i giocattoli destinati ad allietare le serene ore dei bimbi. Le bambole, dette "pupae", erano naturalmente riservati alle femmine: alcune, molto belle, erano d’avorio e possedevano, tra abiti ed accessori, il corredo degno di una matrona. Altre, più modeste, fatte di pezza, erano destinate ai giochi delle bimbe meno abbienti. C’erano anche pupazzi raffiguranti animali, cavallucci di legno, trottole ed aquiloni. Pure i bambini di allora amavano il gioco della palla. Particolarmente adatta a loro era la "pila paganica", una tipologia più piccola e leggera che veniva senza sforzo lanciata con le mani. Curiosità e aneddoti sulla storia e la vita quotidiana di Roma antica verranno illustrati, ogni domenica mattina, dalle ore 9.30 alle 10.30, su Nuova Spazio Radio (88.150 MHz) all’interno del programma "Questa è Roma!", ideato e condotto da Maria Pia Partisani.

di Annalisa Venditti

11 settembre 2007

 

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