Il
Borgo di Cesano, ad appena 22 chilometri dal Grande Raccordo
Anulare, sorge a 240 metri di altitudine, su un banco tufaceo
perforato da gallerie, grotte e cunicoli. Il territorio fu abitato
fin dalla più remota antichità e una presenza importante fu quella
degli Etruschi della vicina città di Veio. Ad appena mezzo
chilometro da Cesano, a Campiscari, alcune tombe etrusche hanno
restituito corredi funerari con ricche suppellettili.
In epoca romana in
tutta la zona comparvero le imponenti arcate degli acquedotti e si
moltiplicarono ville rustiche. Sembra che proprio da una di queste
"fattorie", di proprietà di Cesare Augusto, si sia sviluppato il
primo nucleo del Borgo di Cesano, il cui nome deriverebbe, appunto,
da "Massa Cesarea", proprietà del Demanio imperiale. Altri pensano,
invece, che la denominazione prenda origine dalla famiglia Caesia,
di rango senatorio, che qui possedeva un vasto fondo. Sul retro
della chiesa di San Giovanni Battista sono murate iscrizioni e
rilievi marmorei. All’epoca giulio-claudia appartiene un bellissimo
cippo con iscrizione funeraria e rilievi con fregi, putti, festoni
ed altri elementi vegetali. Fu posto sulla sepoltura di un tale
Regilliano, servo imperiale, dalla sua convivente Giulia Procula.
Incassato a circa quattro metri di altezza è il bassorilievo con
quattro amorini alati che giocano a spingere una ruota con un
bastoncino, passatempo in voga tra i fanciulli almeno fino allo
scoppio della seconda guerra mondiale. Alla stessa altezza si
trovava un altro rilievo con puttini che, alla guida di cocchi,
gareggiavano nel circo. In primo piano, altri puttini sembravano
osservare le corse comodamente sdraiati in terra. Secondo i cesanesi,
invece, questi ultimi avrebbero raffigurato "i bambini che le
abitanti del luogo erano solite buttare sotto le ruote dei carri per
rendere omaggio a Cesare Augusto, quando l’imperatore giungeva nella
sua villa rustica". Purtroppo, l’importante reperto è stato staccato
dal muro e trafugato da ignoti ladri nel 1995.
Nel
1934, durante alcuni lavori agricoli sui Monti di S. Andrea, venne
alla luce una cappella cristiana del X-XI secolo, lunga 22 metri e
larga circa 7 e mezzo, divisa in tre ambienti, uno dei quali
absidato. Nell’edificio vennero rinvenuti frammenti di 5 sarcofagi
romani, evidentemente riusati in epoca medioevale. Due di questi,
molto stretti, erano in travertino liscio, mentre altri due erano in
marmo bianco, uno liscio e uno strigilato. L’ultimo sarcofago,
sempre in marmo bianco, risultava praticamente intatto. Era chiuso
un coperchio di rozza pietra tufacea a doppio spiovente lungo più di
due metri e conteneva dei resti umani. Se ne può ricostruire la
lunga storia: il sarcofago romano, asportato da suo sito originario,
venne in un primo tempo trasformato nella vasca di una fontana, come
proverebbero i due fori sul fianco sinistro. In seguito tornò alla
sua funzione originaria di sepoltura e fu richiuso con il coperchio,
molto più antico, di un sarcofago etrusco proveniente da qualche
necropoli dell’agro veientano. Oggi è conservato al Museo Nazionale
Romano.
Il sarcofago, lungo
2,15 metri, alto 0,63 e profondo 0,55, può essere datato
intorno alla metà del III secolo d.C.
E’ ornato sulla fronte
da un rilievo con il mito di Endimione, raffigurato in un’unica
scena, che deve essere letta da sinistra a destra. Fu illustrato nel
1935 da Roberto Vighi. Sulla destra della composizione è il pastore
Endimione, sdraiato ai piedi di una roccia, che riposa con un
braccio ripiegato sul capo. Accanto a lui è Hypnos, che regge i
papaveri in mano e versa da un corno il sonno sul giovane. Mentre un
amorino scopre Endimione, Selene lo va a trovare scendendo dalla sua
biga, i cui cavalli sono trattenuti da Aura. Sulla sinistra si vede
un vecchio pastore seduto sulla roccia, senza più il bastone che
doveva avere in mano. Davanti a lui è un cane, che gli poggia una
zampa sul ginocchio. Due fanciulli pastori, uno dei quali regge in
mano una canna, tendono le braccia al vecchio. Di un terzo
fanciullo, che si trovava vicino al cane, resta solo il torso. Su un
ripiano superiore si vede un piccolo gregge, inquadrato da due
alberi e composto da cinque animali, tra i quali si riconoscono un
montone ed una capra. Presso i piedi del pastore era un altro
animale, di cui rimangono solo poche tracce. A terra, tra Aura e i
cavalli, si vede la figura di Tellus, allegoria della Terra, che
aveva nella mano sinistra una cornucopia e appoggiava la destra al
ventre di un cavallo. Accanto a lei due puttini, uno con il pedum e
l’altro con un cesto colmo di frutta. Sopra i cavalli volano due
puttini, uno rivolto verso Selene e con una torcia rovesciata,
mentre l’altro trattiene i cavalli. Un terzo puttino è tra Selene e
Hypnos. All’estremità destra del rilievo si riconoscono quattro
figure: Latmo, un satiro che suona la siringa e due ninfe delle
sorgenti, una ammantata e l’altra seminuda e con nella destra un
vaso da cui sgorga l’acqua. Sotto di loro era un animale, forse il
cane di Endimione.
Come
scriveva il Vighi, "tanto il volto di Endimione quanto quello di
Selene erano ritratti: ciò appare chiaramente, malgrado l’erosione
che rende tutte le fisionomie irriconoscibili, quasi livellate tra
loro, specialmente nella testa di Endimione, che è coronata da una
chioma irsuta, trattata sommariamente, ma con evidente scopo
realistico".
Rispetto a simili
rappresentazioni, la figura di Hypnos è forse quella che presenta
maggiori caratteri di originalità: di solito l’alato dio del sonno è
vestito solo di una clamide, o mantello, gettata sul braccio
sinistro, con una banda a tracolla. Qui invece ha una lunga tunica,
cinta alla vita e alle anche, che gli copre le gambe fino ai piedi.
Sui lati brevi
l’esecuzione è più rozza e piatta. In quello di sinistra, si vede un
pastore con un grosso cane, su quello di destra, Selene sulla biga,
che, frustando i cavalli, volge indietro la testa.
Per chi si rechi a
Cesano, è d’obbligo una visita alla chiesa di San Nicola, risalente
agli anni intorno al Mille e ornata da una serie di superbi
affreschi quattrocenteschi, attribuiti alla scuola viterbese di
Antoniazzo Romano.