Sulla strada, che affascinò Bazin, era il Teatro della Pace Tante le voci bianche nella via del Corallo
Nel volume "Histoire de vingt-quatre sonnettes" di René Bazin, pubblicato a Parigi nel 1899, è inserita una gradevole novella che narra la lotta dei carrettieri di vino dei Castelli Romani per conservare i tradizionali ventiquattro campanelli sui loro carretti che un assessore capitolino voleva far togliere. Il protagonista, Girolamo, vecchio buttero dell’Agro Romano, va ad abitare con la nipotina Lavinia in via del Corallo, che Bazin annota come "una zona di Roma antica, dalle strade curve, popolose, piene d’ombra" dove la bambina non ha tardato a fare conoscenza di qualche brava persona e servizievole come se ne trovano molte nel popolino". Una descrizione che restituisce perfettamente il tono ambientale di questa via fino alla fine dell’Ottocento - in precedenza un vicolo -allora caratterizzata da un pittoresco e vivace microcosmo popolare. Via del Corallo, da via del Governo Vecchio a piazza del Fico, secondo la tradizione riportata da A. Rufini, avrebbe preso la denominazione da un busto di porfido rosso — di cui si ignorava quale personaggio raffigurasse — che aveva scolpito intorno al collo un grosso filo di coralli. La scultura, situata in un lato della bottega di un ciabattino che si apriva di fronte alla casa della famiglia Lais proprietaria del forno anch’esso chiamato del corallo, sarebbe stata rubata intorno al 1793. Secondo B. Blasi, il nome deriverebbe dai venditori di coralli che dislocati lungo la strada esibivano la loro merce ai passanti. Alla fine dei secolo XVIII il vicolo era detto Zaccalopo, Saccalopo o Saccalupo, evidente corruzione di Squarcialupi, nome della famiglia che qui aveva una casa. Sembra, invece, che il toponimo derivi dalla famiglia Coralli che vi abitava nel Seicento, principalmente dal notaio capitolino Pietro. Alla fine del Settecento fu costruito in questo vicolo un teatro, prossimo alla chiesa di 5. Maria della Pace da cui prese successivamente il nome definitivo. Dalla pianta del Nolli del 1748 si comprende che il teatro sorgeva sul lato destro del vicolo, in corrispondenza degli attuali numeri civici i -A,3. Non indicato da alcuna facciata sulla strada, era tutto di legno, con la piccola sala a forma di U ed i palchi angusti. Tale rimase fino alla sua scomparsa. Nel 1764 si affacciavano sul palcoscenico cinque ordini di palchi. La prima traccia a cui si può collegare la nascita di questo teatro è forse, da collegare alle recite degli istrioni nel 1691, a cui seguirono nel carnevale del 1694 due drammi, Roderico con musica di F. Gasperini, interpretato dal sopranista A. Bisson e Orfeo, con musica di B. Sabatini e scenari dipinti da F. Bibiena. Nel 1717, quando venne ristrutturato dal bolognese Domenico M. Vellani, ingegnere teatrale e scenografo, godeva a Roma di notevole risonanza, tanto da essere detto "antico e famoso". Da quell’anno fino al 1729. pur con qualche interruzione, vi furono eseguiti drammi in musica di vari autori, affidati a noti sopranisti come Domenico Gizzi, Felice Novelli, Cristoforo Raparini. Nel periodo dal 1730 al 1789, durante il quale il teatro fu rinnovato almeno tre volte, ma senza alcuna alterazione della forma della sala, vennero rappresentate durante il carnevale commedie, componimenti in prosa con intermezzi in musica. Dal 1754, per una decina di anni, furono portate in scena le commedie di Carlo Goldoni. Col passare degli anni il Teatro della Pace conobbe una progressiva decadenza: nei primi decenni dell’800 erano in cartellone soltanto spettacoli d’infimo ordine, per lo più farse con la maschera di Pulcinella, prose dialettali, spettacoli di burattini ed esibizioni di funamboli. Nel 1844 fu vietata la sua riapertura per il disastroso stato in cui si trovava, nel 1853 venne demolito e al suo posto venne costruita l’attuale casa. Nella via si notano alcune case rinascimentali e un palazzetto in angolo con piazza Pasquino con portale quattrocentesco con uno stemma. L’edificio si affaccia sulla via con quattro piccole finestre e tre sulla piazza, dove, incastrata nel muro, emerge una colonna con capitello ionico. In questa via, nella casa di proprietà della sua famiglia, mori il famoso astronomo padre Lais, vicedirettore della Specola Vaticana. © 2003 - Grafica e layout sono di esclusiva proprietà di www.specchioromano.it |
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