Sorge a oltre 250 metri a picco sullo specchio d’acqua

Santa Maria di Palazzolo gemma del lago Albano

di Antonio Venditti

 

La chiesa di S. Maria di Palazzolo - o Palazzola - con l’annesso convento, sorge a oltre 250 metri a picco sul lago Albano, su di una striscia di terreno ricavata probabilmente tra il II ed il I sec. a. C. con il taglio verticale della roccia viva a opera dei Romani. Il nome del luogo e della chiesa deriva dai resti di una costruzione antica, "Palatiolum, Palatiola", utilizzata probabilmente per brevi soste dai Consoli e Pontefici che percorrevano la vicina via Sacra per celebrare le Feriae Latinae al tempio di Giove sul Monte Cavo. In verità la posizione incantevole, l’abbondanza delle sorgenti e soprattutto la vicinanza al tempio di Giove dovettero favorire uno stabile stanziamento, certamente dall’antichità, come attestano i resti di una villa romana. La chiesa è conosciuta anche come S. Maria della Neve, probabilmente per la neve custodita nelle grotte vicine.

La più antica menzione di Palazzolo risale al 1023, quando era abitata soltanto da tre monaci eremiti. In un documento del 1204 si rileva che durante il pontificato di Innocenzo III (1198-1216) S. Maria de Palatiolis con tutte le proprietà annesse passava da Giovanni, abate del monastero dei SS. Andrea e Saba sull’Aventino, a un Sisto priore della chiesa e ai suoi confratelli. Onorio III (1216-1227) pose sotto la regola agostiniana la piccola comunità, che, per volontà del cardinale Stefano di Ceccano, titolare di S. Maria in Trastevere, fu unita all’abbazia cistercense dei SS. Vincenzo ed Anastasio alle Tre Fontane, con l’obbligo di accogliere i Cistercensi per la villeggiatura. La chiesa venne nominata abbazia da Innocenzo IV (1243-1254). Nel XIV sec. divenne Commenda e anche proprietà di Tommaso Pierleoni di Roma. Nel 1391 fu data da Bonifacio IX (1389-1404) ai Certosini di S. Croce in Gerusalemme, che la tennero fino al 1441, quando la chiesero i Frati Minori dell’Ara Coeli, pur restando ai Certosini il diritto di abitare a Palazzolo ogni qual volta lo avessero voluto. Sisto IV (1471-1484) nel 1475 alienò ai Certosini il diritto di soggiorno, che, però, fu loro concesso di nuovo nel 1476 da Innocenzo VIII (1484-1492).

La costruzione della soprastante villa da parte del cardinale Girolamo Colonna, che fu anche protettore dell’abbazia, portò a un impoverimento della chiesa, cui furono tolti terre, boschi e soprattutto riserve d’acqua. Ai primi del XVIII sec. la chiesa dovette essere restaurata dalle fondamenta per interessamento del frate Josè Maria de Fonseca, divenuto poi Procuratore Generale dell’Ordine Francescano, Ministro Plenipotenziario a Roma del re del Portogallo di cui era forse figlio illegittimo e infine vescovo di Oporto.

I lavori, iniziati nel 1733 e protrattisi per alcuni anni, riguardarono la chiesa, il convento, il giardino, con l’impiego di un’enorme somma. Sulla facciata vennero aggiunti un portico e due campanili. Nell’interno, ai fianchi della navata furono posti quattro altari, una nuova balaustra davanti all’altare maggiore, due stalli per il coro e i due dipinti del Masucci (1691-1758). Il chiostro fu restaurato e ristrutturato, così come la cosiddetta ala vecchia. Fu pure costruita l’ala nuova, per accogliere il Praefectus Generalis e successivamente i pontefici e gli ambasciatori portoghesi. Il giardino fu ingrandito e vi fu collocata una fontana. L’occupazione francese di Roma ai primi del XIX sec. portò anche alla confisca ed alla spoliazione dell’abbazia che venne abbandonata dai frati fino al ritorno del Papa. Dopo l’unità d’Italia, la chiesa ed il convento di Palazzolo vennero riconosciuti proprietà dello Stato Portoghese, escluse le grotte circostanti e il mausoleo situato nell’orto. L’abbazia rimase ai Portoghesi fino al 1910. Successivamente fu adibita a ristorante, poi nel 1916 a Colonia di Salute di Carlo Arnaldi e Luigi Bertoli, dai quali fu venduta il 15 luglio del 1919 insieme a 45 ettari di bosco al Rettore del Venerabile Collegio Inglese Hinsley, che desiderava farne la residenza estiva per gli studenti del suo Collegio. Durante la Il guerra mondiale, il convento fu adibito a centro per la convalescenza dei soldati tedeschi di stanza ad Anzio.

Nel 1930 la chiesa fu liberata da monsignor Godfrey delle aggiunte barocche volute dal de Fonseca e oggi appare nella sua originaria fisionomia che ne fa risalire la costruzione, con l’opera di maestranze franco-cistercensi, probabilmente al 1244, quando divenne abbazia.

La facciata è preceduta da un portico, cui si accede tramite tre gradini, con pilastri alternati a colonne antiche di marmo dai capitelli di stile diverso: chiaramente materiale di riporto delle preesistenti costruzioni romane. La parte superiore, in conci di peperino, è caratterizzata da fasce orizzontali di marmo bianco, di diversa larghezza, che si interrompono in prossimità di due alte e strette finestre ad arco e del soprastante piccolo rosone centrale. La facciata termina con una cornice a triangolo sostenuta da mensoline. I due campanili che appena si intravedono sono moderni e mostrano un rosone cosmatesco in foglie di peperino. L’interno, un’ampia cappella, è di un’estrema semplicità architettonica. Un grande arco a sesto acuto immette nel presbiterio, dove nella parete di fondo, in alto, è un affresco venuto alla luce dopo i restauri di monsignor Godfrey. La parte centrale dell’affresco, probabilmente dello stesso periodo della costruzione della chiesa, reca, entro un baldacchino a triangolo sorretto da pali con in cima delle croci, la Vergine con il Bambino Gesù tra due Santi in adorazione. La pittura è fiancheggiata da due affreschi del XVI sec. Al di sotto dell’intera composizione pittorica è un’alta e stretta finestra archiacuta, con una incorniciatura a larghi denti, simile a quella delle altre finestre che si aprono sulle pareti della chiesa.

Anche l’architettura del chiostro è semplice. La sua struttura è essenzialmente quella voluta dal de Fonseca, nonostante le aggiunte della fine del XIX sec. e la sostituzione delle colonne con i pilastri, avvenuta dopo il possesso della chiesa e del convento da parte del Collegio Inglese. Il chiostro, delimitato da brevi arcate, cinque sui lati lunghi e quattro su quelli corti, presenta al centro un pozzo a pianta quadrangolare.

Nell’ambulacro adiacente alla chiesa sono visibili numerose lapidi, alcune delle quali riguardano i restauri della chiesa.

Nell’orto dell’abbazia si trova un mausoleo romano privo di epigrafe, interamente scavato nella roccia, attribuito a Gneo Cornelio Scipione Ispalo.

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