La
chiesa di S. Maria di Palazzolo - o Palazzola - con l’annesso
convento, sorge a oltre 250 metri a picco sul lago Albano, su di una
striscia di terreno ricavata probabilmente tra il II ed il I sec. a.
C. con il taglio verticale della roccia viva a opera dei Romani. Il
nome del luogo e della chiesa deriva dai resti di una costruzione
antica, "Palatiolum, Palatiola", utilizzata probabilmente per brevi
soste dai Consoli e Pontefici che percorrevano la vicina via Sacra
per celebrare le Feriae Latinae al tempio di Giove sul Monte Cavo.
In verità la posizione incantevole, l’abbondanza delle sorgenti e
soprattutto la vicinanza al tempio di Giove dovettero favorire uno
stabile stanziamento, certamente dall’antichità, come attestano i
resti di una villa romana. La chiesa è conosciuta anche come S.
Maria della Neve, probabilmente per la neve custodita nelle grotte
vicine.
La più antica menzione
di Palazzolo risale al 1023, quando era abitata soltanto da tre
monaci eremiti. In un documento del 1204 si rileva che durante il
pontificato di Innocenzo III (1198-1216) S. Maria de Palatiolis
con tutte le proprietà annesse passava da Giovanni, abate del
monastero dei SS. Andrea e Saba sull’Aventino, a un Sisto priore
della chiesa e ai suoi confratelli. Onorio III (1216-1227) pose
sotto la regola agostiniana la piccola comunità, che, per volontà
del cardinale Stefano di Ceccano, titolare di S. Maria in Trastevere,
fu unita all’abbazia cistercense dei SS. Vincenzo ed Anastasio alle
Tre Fontane, con l’obbligo di accogliere i Cistercensi per la
villeggiatura. La chiesa venne nominata abbazia da Innocenzo IV
(1243-1254). Nel XIV sec. divenne Commenda e anche proprietà di
Tommaso Pierleoni di Roma. Nel 1391 fu data da Bonifacio IX
(1389-1404) ai Certosini di S. Croce in Gerusalemme, che la tennero
fino al 1441, quando la chiesero i Frati Minori dell’Ara Coeli, pur
restando ai Certosini il diritto di abitare a Palazzolo ogni qual
volta lo avessero voluto. Sisto IV (1471-1484) nel 1475 alienò ai
Certosini il diritto di soggiorno, che, però, fu loro concesso di
nuovo nel 1476 da Innocenzo VIII (1484-1492).
La costruzione della
soprastante villa da parte del cardinale Girolamo Colonna, che fu
anche protettore dell’abbazia, portò a un impoverimento della
chiesa, cui furono tolti terre, boschi e soprattutto riserve
d’acqua. Ai primi del XVIII sec. la chiesa dovette essere restaurata
dalle fondamenta per interessamento del frate Josè Maria de Fonseca,
divenuto poi Procuratore Generale dell’Ordine Francescano, Ministro
Plenipotenziario a Roma del re del Portogallo di cui era forse
figlio illegittimo e infine vescovo di Oporto.
I
lavori, iniziati nel 1733 e protrattisi per alcuni anni,
riguardarono la chiesa, il convento, il giardino, con l’impiego di
un’enorme somma. Sulla facciata vennero aggiunti un portico e due
campanili. Nell’interno, ai fianchi della navata furono posti
quattro altari, una nuova balaustra davanti all’altare maggiore, due
stalli per il coro e i due dipinti del Masucci (1691-1758). Il
chiostro fu restaurato e ristrutturato, così come la cosiddetta ala
vecchia. Fu pure costruita l’ala nuova, per accogliere il Praefectus
Generalis e successivamente i pontefici e gli ambasciatori
portoghesi. Il giardino fu ingrandito e vi fu collocata una fontana.
L’occupazione francese di Roma ai primi del XIX sec. portò anche
alla confisca ed alla spoliazione dell’abbazia che venne abbandonata
dai frati fino al ritorno del Papa. Dopo l’unità d’Italia, la chiesa
ed il convento di Palazzolo vennero riconosciuti proprietà dello
Stato Portoghese, escluse le grotte circostanti e il mausoleo
situato nell’orto. L’abbazia rimase ai Portoghesi fino al 1910.
Successivamente fu adibita a ristorante, poi nel 1916 a Colonia di
Salute di Carlo Arnaldi e Luigi Bertoli, dai quali fu venduta il 15
luglio del 1919 insieme a 45 ettari di bosco al Rettore del
Venerabile Collegio Inglese Hinsley, che desiderava farne la
residenza estiva per gli studenti del suo Collegio. Durante la Il
guerra mondiale, il convento fu adibito a centro per la
convalescenza dei soldati tedeschi di stanza ad Anzio.
Nel 1930 la chiesa fu
liberata da monsignor Godfrey delle aggiunte barocche volute dal de
Fonseca e oggi appare nella sua originaria fisionomia che ne fa
risalire la costruzione, con l’opera di maestranze
franco-cistercensi, probabilmente al 1244, quando divenne abbazia.
La facciata è
preceduta da un portico, cui si accede tramite tre gradini, con
pilastri alternati a colonne antiche di marmo dai capitelli di stile
diverso: chiaramente materiale di riporto delle preesistenti
costruzioni romane. La parte superiore, in conci di peperino, è
caratterizzata da fasce orizzontali di marmo bianco, di diversa
larghezza, che si interrompono in prossimità di due alte e strette
finestre ad arco e del soprastante piccolo rosone centrale. La
facciata termina con una cornice a triangolo sostenuta da mensoline.
I due campanili che appena si intravedono sono moderni e mostrano un
rosone cosmatesco in foglie di peperino. L’interno, un’ampia
cappella, è di un’estrema semplicità architettonica. Un grande arco
a sesto acuto immette nel presbiterio, dove nella parete di fondo,
in alto, è un affresco venuto alla luce dopo i restauri di monsignor
Godfrey. La parte centrale dell’affresco, probabilmente dello stesso
periodo della costruzione della chiesa, reca, entro un baldacchino a
triangolo sorretto da pali con in cima delle croci, la Vergine con
il Bambino Gesù tra due Santi in adorazione. La pittura è
fiancheggiata da due affreschi del XVI sec. Al di sotto dell’intera
composizione pittorica è un’alta e stretta finestra archiacuta, con
una incorniciatura a larghi denti, simile a quella delle altre
finestre che si aprono sulle pareti della chiesa.
Anche l’architettura
del chiostro è semplice. La sua struttura è essenzialmente quella
voluta dal de Fonseca, nonostante le aggiunte della fine del XIX
sec. e la sostituzione delle colonne con i pilastri, avvenuta dopo
il possesso della chiesa e del convento da parte del Collegio
Inglese. Il chiostro, delimitato da brevi arcate, cinque sui lati
lunghi e quattro su quelli corti, presenta al centro un pozzo a
pianta quadrangolare.
Nell’ambulacro
adiacente alla chiesa sono visibili numerose lapidi, alcune delle
quali riguardano i restauri della chiesa.
Nell’orto dell’abbazia
si trova un mausoleo romano privo di epigrafe, interamente scavato
nella roccia, attribuito a Gneo Cornelio Scipione Ispalo.