Chiese
da tempo scomparse, angoli di una vecchia Roma che non esiste più, animatissime
scene di vita popolare, con liti tra donne, maschere di carnevale, fumose
botteghe del tempo che fu: questo e molto altro nei 70 acquerelli realizzati tra
il 1832 e il 1835 da Achille Pinelli esposti fino al prossimo 16 settembre nelle
sontuose sale di Palazzo Braschi in piazza San Pantaleo, sede del Museo di Roma.
La
mostra "La Roma di Achille Pinelli", promossa dall’Assessorato alle Politiche
Culturali del Comune di Roma, vuole essere un omaggio a uno dei protagonisti del
mondo artistico romano dell’Ottocento, figlio del più noto Bartolomeo.
Nato
a Roma nel 1809, Achille Pinelli realizzò una serie di circa 200 acquerelli,
tutti conservati presso le raccolte del Museo di Roma. Gli esemplari esposti in
occasione della mostra sono il risultato di un’accurata selezione dell’intera
raccolta.
In
un’epoca in cui non era ancora possibile avvalersi della fotografia quale mezzo
di riproduzione delle immagini, gli acquerelli di Achille Pinelli avevano un
grande valore e oggi non sono solo preziose opere d’arte ma rappresentano un
vero e proprio inventano di molti edifici attualmente non più esistenti.
Pur
con qualche imprecisione e ingenuità, forse inconsapevolmente, Pinelli ha svolto
un prezioso lavoro di documentazione di quegli aspetti della città che oggi sono
scomparsi o che, nel corso del tempo, sono radicalmente mutati.
La
scelta è stata fatta privilegiando acquerelli che raffigurano i luoghi della
città scomparsi o radicalmente mutati; un esempio tra i più significativi è la
chiesa di San Gerolamo degli Schiavoni nella sua antica straordinaria
ambientazione al Porto di Ripetta. Il porto fu sacrificato a causa dei lavori
effettuati per la realizzazione dei muraglioni sul Tevere.
Le
opere dell’artista mostrano quasi sempre vivaci scene di vita quotidiana che
evocano lo stile del padre, Bartolomeo Pinelli. Come nel caso della tavola
dedicata a Santa Maria della Scala, che presenta in primo piano la festa dei
montanari abruzzesi culminante con il "ballo dell’orso", oppure nella
processione dei confratelli davanti alla chiesa della Natività di Gesù in Piazza
Pasquino, che indossano il caratteristico saio e che sono preceduti da un "mannataro"
in livrea.
Alcune scene che illustrano la pittoresca vita romana di quell’epoca sono
derivate dalle note incisioni di Pinelli padre, come "La bottega del
ciabattino", in cui si può godere di una minuziosa descrizione degli arnesi da
lavoro, mentre in primo piano una donna si prova un paio di pantofole e due
butteri appoggiati a un bastone conversano coi lavoranti. Sempre d’ispirazione
paterna è "La Carrettella delle ottobrate", in cui un gruppo di "minenti" torna
da una passeggiata fuori porta. L’acquerello è ambientato nell’attuale via
Marmorata ai piedi dell’Aventino, con sullo sfondo la grande mole della piramide
Cestia.
Pochissime le notizie sulla vita di Achille Pinelli figlio dell’incisore e
disegnatore Bartolomeo Pinelli (1781-1835) e di Mariangela Gatti.
Secondo alcuni biografi del padre, Achille avrebbe intrapreso il mestiere
dell’illustre genitore, dedicandosi alla sua stessa arte, ma compiendone una
rielaborazione volta a superare la retorica e la pomposità paterna verso un più
semplice tratto tra l’aneddotica e la satira.
I
soli punti fermi della sua biografia sono gli anni segnati sulle sue opere. Non
frequentò l’Accademia di San Luca, dal momento che il suo nome non compare negli
archivi. Non aiutano neanche i pochi scritti su di lui che i discendenti del suo
amico Antonio Moretti, incisore, pittore e mosaicista romano, hanno donato al
Museo di Roma.
L’ultima lettera, scritta il 7 agosto 1841, ci informa del suo ricovero
nell’Ospedale degli Incurabili di Napoli il 26 luglio, dove era andato per
cambiare aria dopo una malattia. Qui morì il 5 settembre.
Ha
lasciato duecento acquerelli e riprodotto le facciate di altrettante chiese di
Roma, alcune delle quali sono state abbattute. Non si limitò a riportare le
facciate di queste chiese come in una fotografia - che negli anni tra il 1819 e
il 1827 si andava sviluppando - ma, come un vignettista moderno, ne popolò la
piazza o la via antistante con scene popolari. In un certo senso Achille Pinelli
dipinse lo stesso "popolino" di Giuseppe Gioachino Belli.
Figure forse più abbozzate rispetto a quelle accurate delle incisioni di
Bartolomeo, ma che comunque documentano l’epoca di Gregorio XVI. Sicuramente
importante fu il rapporto con il padre, cui dedicò numerosi disegni di contenuto
familiare.
Per
quanto riguarda la sua formazione molto si deve ai contatti con Ernst Meyer e
Constantin Hansen, operanti a Roma negli anni ‘30 e ‘40 del secolo, che
privilegiavano l’aspetto pittoresco ed episodico della vita quotidiana. Il
danese Albert Thorwaldsen fu suo estimatone e possedeva un consistente numero di
disegni e acquerelli dei due Pinelli, ora al Museo di Copenhagen.
La
sua produzione, che si estende dal 1826 circa al 1841, è caratterizzata
soprattutto da acquerelli che riproducono monumenti, strade e chiese di Roma
animati da scene di vita quotidiana.
Il
segno tecnicamente imperfetto origina numerose imprecisioni spaziali e
compositive, il colore non sempre è ben calibrato. In particolare nella serie di
vedute con le chiese di Roma Achille consegue il risultato più valido e autonomo
rispetto alla produzione del padre. Al contrario, nelle scene di genere,
l’artista ripropone per lo più temi consueti al repertorio di Bartolomeo, tanto
da sembrare quasi contraffazioni.
Negli
acquerelli di Achille la filiazione artistica da Bartolomeo si riduce ad
un’espressione di temi figurativi simili, nei quali la resa formale risente
della mutata atmosfera culturale: mentre in Bartolomeo la produzione grafica
denuncia una formazione neoclassica evidente nel gesto disciplinato, nella scena
mantenuta su un registro di magniloquenza, in Achille sono presenti le istanze
puriste e romantiche miscelate ad un neoclassicismo attardato.
Tra
le sue attività vi è anche quella delle incisioni per le sacre rappresentazioni
organizzate nelle Arciconfraternite e quella di "plastificatore".
Della
mostra si parlerà nel corso dell’Intervista possibile di "Questa è Roma!", la
trasmissione ideata e condotta da Maria Pia Partisani, in onda ogni sabato dalle
ore 11 alle 12 su Nuova Spazio Radio (88.150 MHz).