Cortigiane "alla candela" praticavano prezzi stracciati
Che calar di braghe nel vicolo Cellini
di Antonio Venditti

Alla fine del Cinquecento la prostituzione a Roma era molto diffusa. L’aumento della popolazione, del lusso, la decadenza della moralità e non ultima la moltiplicazione delle "stufe" - i bagni pubblici, spesso luoghi malfamati gestiti da vecchie cortigiane - favorirono l’incremento del fenomeno.
Le cortigiane erano classificate in due categorie: "oneste", le ricche, "alla candela", quelle povere perché abitavano talvolta nel retrobottega di un fabbricante di candele. Il censimento alla fine del secolo rivelò una media di 17 prostitute ogni 1.000 donne, sparpagliate in tutta Roma, specialmente nei rioni "Campo Marzio" e "Ponte". Proprio in vicolo Cellini, nel XVI sec. chiamato Calabraghe, che da piazza della Chiesa Nuova conduce a via dei Banchi Vecchi, si potevano scegliere cortigiane "honeste", come quella che abitava nella casa con facciata dipinta a graffiti ora scomparsi, quanto le "cortigiane camiciare" o "cortigiane gialle" - così dette perché vestivano abitualmente color limone – prostitute di infimo ordine come "Pasqua padovana" e "Giulia fiorentina". Famosa per le sue prestazioni amatorie fu "Angela greca", ricordata dall’Aretino come "la grechetta". La giovane "venne a Roma al tempo di Leone, che era stata rubata da certi ruffiani a Lanciano, e piena di rogna la menarono in Campo di Fiore a una taverna; poi prese una casetta in Calabraga, essendo alle mani d’uno Spagnolo de Alborensis; poi per esser lei una bella donna assai onesta e avendo una bella venustà, se ne innamorò un cameriere di Leone, il quale la messe in favore".
Si è cercato di far derivare il toponimo del vicolo da una famiglia Calabraga o Curtebraca o dalla corruzione del nome medievale di Curta Braca o Cola Brachio, ma ha osservato Domenico Gnoli che la famiglia Calabraca non è mai esistita a Roma e se anche il nome fosse una corruzione di Curtabraca, questa famiglia romana non ebbe mai alcuna casa in detta località. Per cui proprio la presenza stabile di cortigiane che, praticando prezzi bassi favorivano un movimento notevole di clienti, diede il nome al vicolo, a partire dal medioevo, da attribuire al ripetuto "calar di brache", di giorno e di notte. Del resto il vicolo si trova dirimpetto all’antica contrada del "Pozzo Bianco", in quei tempi altro ritrovo di meretrici. La strada fu anche chiamata vicolo di S. Stefano per la vicinanza con l’omonima chiesa.

Il nome di vicolo Calabraghe, ritenuto indecente, fu cambiato da una delibera comunale con quello di vicolo Cellini, che sembra avesse avuto nei pressi una bottega.

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