Dal XV secolo a guardia degli attraversamenti del Tevere

Un maestoso fortilizio protegge Ponte Milvio

 

 

di Antonio Venditti

La concezione e l’origine di una torre a difesa di Ponte Milvio si possono fare risalire al XIV secolo, ricollegandole ad alcuni fatti d’arme avvenuti a Roma: primo fra tutti la venuta in Italia nel 1312 di Enrico VII, mal vista da Roberto, re di Napoli, temendo che l’Imperatore potesse fomentare le dispute tra i Guelfi e i Ghibellini. Per cui inviò mille cavalieri al comando del fratello Giovanni per difendere Roma da eventuali attacchi dei Colonna, principali esponenti della fazione Ghibellina. Le azioni militari si spostarono poi strategicamente verso Ponte Milvio, uno dei pochi scavalcamenti del Tevere a nord di Roma, che permetteva di raggiungere direttamente l’Urbe, occupato stabilmente da Stefano e Sciarra Colonna per evitare che venisse ostacolato il passaggio dell’Imperatore. La loro strenua resistenza a nulla valse contro la schiacciante superiorità numerica delle truppe di Giovanni che, dopo aver installato a difesa del ponte una torre lignea con un presidio di quaranta soldati, si ritirò con il grosso dell’esercito a Castel Sant’Angelo.

L’antica torre di guardia, denominata "Tripizone" per la sua forma triangolare, era posta a fianco della riva destra del Tevere a presidio dell’ingresso a Ponte Milvio. Così veniva descritta da alcuni cronisti dell’epoca: Albertino Mussato nelle Gesta di Enrico VII la chiama ligneum propugnaculum, quem Tripizonem vocabant e la indica costruita ad pontem latus; Ferentino Vicentino riferisce che nella località detta Tripizon esisteva una turris vasta in oppositum pontis; il cronista al seguito della spedizione di Enrico VII parla di alcune spese per i danni arrecati a le tour de Tribichon devat Pontemolle. Analogamente viene annotata nei Commentarii di Leonardo Aretino.

A seguito di battaglie ed incendi, l’antico ponte si ridusse in gravi condizioni, tanto che i pontefici nel corso del XV secolo si impegnarono ad aumentarne le potenzialità difensive. Niccolò V (1477-55) fece eseguire lavori di restauro e iniziò nel 1455 la costruzione alla testa del ponte, verso la campagna, di una torre di guardia, portata a termine dal suo successore, Callisto III (1455-58) nel 1458, del quale rimangono le armi nell’arco di transito.

Una idea esemplificativa di ponte Milvio e della sua torre prima dei rifacimenti del 1805 ad opera di Giuseppe Valadier provengono da pitture e da incisioni, nonché da precise descrizioni letterarie.

Un profilo suggestivo del Ponte si riscontra in una incisione del Vasi del 1750. La testata di Ponte Milvio verso Roma appare formata di legno, quasi a ponte levatoio e il parapetto di destra sorregge una modesta cappella con un’antica immagine della Vergine. Dove iniziava la terra ferma, sulla riva sinistra si vedeva la statua di S. Giovanni Nepomuceno, mentre all’altra testata, verso la campagna, si notava il torrione a difesa dell’accesso al Ponte.

In questo stato si trovava ponte Milvio, anche dopo l’inondazione straordinaria del Tevere avvenuta il 2 febbraio del 1805, quando fu dato incarico al Valadier di procedere al suo restauro e abbellimento. L’architetto per onorare il ritorno di Pio VII (24 maggio 1814) dall’incoronazione di Napoleone Bonaparte fece costruire in muratura la porta in precedenza lignea, raddrizzò la testata destra e praticò un’apertura nella torre dandole la forma di un arco monumentale, in riferimento a quello che quivi esisteva in onore di Augusto, come testimoniato da Strabone. Pose in corrispondenza della statua di S. Giovanni quella della Vergine, nella testata opposta collocò le statue del Cristo e del Battista, opere di Francesco Mochi.

La rude torre assunse un aspetto più leggiadro con la striatura a bugnato, il nuovo arco permise l’ingresso senza necessità, come avveniva in precedenza, di girare verso destra per poter raggiungere la campagna.

Così vide Ponte Milvio Stendhal il 13 dicembre del 1827. L’illustre viaggiatore rimase deluso, annotandolo nelle sue "Passeggiate Romane", di non "riconoscere il paesaggio inserito da Raffaello nella grande battaglia dipinta al Vaticano che rappresenta appunto la sconfitta delle truppe di Massenzio, da parte di Costantino, avvenuta nella zona di ponte Molle (corruzione di Milvio), nella località chiamata Saxa Rubra".

 

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