Nella trattoria dell’Armellino il baccalà secondo Pio IX In via delle Muratte sostavano gli artisti
La corruzione dei nomi originari delle strade è uno dei tanti aspetti che caratterizzano la toponomastica romana, prendendo l’avvio da un dato reale che il linguaggio popolare, però, ha tramutato spesso in maniera pittoresca. Esemplificativa è la denominazione di via delle Muratte, che scorre diritta da piazza Fontana di Trevi fino a via del Corso. L’origine del toponimo era quello di "Amoratto" e trova riferimento in un documento anonimo custodito nel cartario dell’Ospedale di S. Spirito. Infatti verso la fine del Trecento Renzo, figlio di Paolo Musiani o Mugnani, capo delle milizie pontificie e vicario del papa a Montalto, soprannominato Amoratto, aveva in questa zona le sue proprietà e venne sepolto in Santa Maria in Trivio nel 1401. Volle fare costruire una chiesa con attiguo monastero-ospedale, dedicandolo ai SS. Giacomo Apostolo e Lorenzo Martire, un complesso non più esistente. Si adoperò perché la strada assumesse il nome di via dell’Amoratto, che, in seguito per corruzione prese quello di Muratte. Nel 1404 la sorella di Paolo Musiani o Mugnani, Margherita, espresse la volontà nel suo testamento che con il reddito delle vigne fuori Porta S. Giovanni, si provvedesse al mantenimento delle donne povere e oneste, che furono conosciute a Roma come le "Bizzocche dell’Amoratto". Fino al 1886, nel punto in cui via delle Muratte sia apre in via del Corso, sorgeva un arco, detto di Carbognano, distrutto nel 1886, che univa il palazzo secondario dei Colonna Sciarra a quello dei Bonaccorsi. Sulla strada, che assunse anche il nome dell’arco quale ulteriore indicazione, Pio VII nel 1803 comprò un palazzo dai Monaci Cistercensi da adibire a sede del Collegio Sabino. Sulla via si apriva un caffè molto frequentato anche dagli artisti. Bartolomeo Pinelli, mal sopportando la disciplina dell’abate Livizzani - che l’aveva accolto quindicenne in seguito all’intercessione del principe Lambertini, nipote di Benedetto XIV - vi ottenne ospitalità, raggranellando qualche scudo con la vendita agli avventori di disegni a penna. Poco distante, nella prima metà dell’Ottocento era una trattoria alla moda. quella dell’Armellino, frequentata da personaggi di spicco come Massimo D’Azeglio e dal giovane conte Giovanni Mastai, destinato a salire nel 1846 al soglio pontificio con il nome di Pio IX, venuto a Roma per chiedere di essere ammesso nel Corpo della Guardia Nobile. Fu ricordato a lungo per la sua ricetta del baccalà con zibibbo e sugo: un piatto semplice e gustoso, conosciuto come il "baccalà alla Mastai", o come "baccalà in guazzetto alla marchigiana". Al n. 78 della via una targa ricorda il soggiorno del musicista Gaetano Doninzetti, che nel 1883 vi compose le opere "Il Furioso" e "Torquato Tasso".
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