Homepage  Specchio Romano Chi Siamo Grandi Mostre Le pagine in PDF Gli Articoli Specchio Etrusco Link & Banner Audio & Video Email

 

Vennero collegate tramite un cavalcavia per volontà di Pio IX

Villa Barberini e Cybo due perle di Castello

di Antonio Venditti

 

La Villa Barberini occupa i tre terrazzamenti della immensa Villa di Domiziano. Taddeo Barberini, nipote di Urbano VIII (1623-1644), nel 1628 comperò sul declivio della collina, tra Castel Gandolfo e Albano, un terreno in località "Grotte di Albalonga" e la spianata denominata "Pomaro grande", che si adoperò a ingrandire acquistando alcune aree confinanti. Nel 1629 fece giungere nella villa le acque delle sorgenti di Palazzolo. Nel 1631 acquistò la proprietà di monsignor Scipione Visconti per dare una sistemazione definitiva alla villa. Ebbe a disposizione anche un casino che si apprestò a ingrandire. I lavori riguardarono la topografia del terreno sul quale, in forte pendio, si trovava l’edificio, che venne portato quasi al livello del giardino con la costruzione di una specie di ponte con sopra il viale della Catena. Fu ampliata la parte del Casino rivolta verso il mare e ornata con una scalea sulla facciata. Fin dal momento dell’acquisto Taddeo Barberini aveva atteso alla sistemazione del piccolo giardino con opere di sterro e spianatura. Vennero creati viali, piantati nuovi alberi, si ebbero riquadri arborei, l’inserimento di fontane, mentre le rovine furono sparse un po’ dovunque. Il giardino venne a trovarsi nella zona al di sopra del Criptoportico della preesistente Villa di Domiziano. Numerosi ingressi davano accesso alla villa, apprezzata dai papi durante le loro villeggiature a Castel Gandolfo. I giardini furono oggetto di numerosi scavi per la ricerca di opere d’arte.

Maffeo Barbenini incominciò ad abitare nella villa fin dal 1635. Infatti quattro anni dopo venne lastricata la terrazza sopra il criptoportico, che ebbe una balaustra, dando luogo al viale del Belvedere.

Nei secoli successivi la Villa conobbe lunghi periodi di incuria. Ritornò a nuova vita agli inizi del XX secolo per interessamento del principe Luigi Barbenini, ultimo proprietario. Il piano organico di trasformazione della Villa Pontificia prese l’avvio nel giugno del 1930 proprio dal possedimento Barberini - annesso a quello del Papa con il Trattato del Laterano del 1929 - ricalcando l’impianto a terrazze della Villa di Domiziano. Furono necessari notevoli lavori di sbancamento. Nell’intento di assicurare alla Residenza Papale una completezza di servizi e una rete viaria soddisfacente fu necessario l’acquisto di altri terreni. Venne, altresì, restaurato il grande ingresso che dalla strada tra Albano e Marino conduce al Palazzo Apostolico. L’antica struttura a terrazze degradanti della Villa Domizianea servì da modello per la creazione del nuovo parco. Furono riadattati vecchi viali e costruiti dei nuovi. Il lavoro maggiore di giardinaggio riguardò il parterre con il folto inserimento di piccole siepi nel giardino sotto il teatro. Fu curata particolarmente la conservazione dei ruderi affioranti dal terreno, con opere di scavo, di rafforzamento e di restauro, come per il Criptoportico. Con eguale interesse si provvide per i reperti scoperti durante i lavori alla Villa. I ruderi vennero a costituire la parte integrante del giardino, mentre capitelli, colonne, sarcofagi furono collocati un po’ dovunque, come del resto per alcune opere d’arte appartenenti alla statuaria antica; le sculture di maggiore importanza artistica furono sistemate nel Palazzo Pontificio. Al Museo Vaticano fu portato soltanto il Marsia, stupenda copia dell’originale greco di Mirone. Le statue nel parco sono collocate all’incrocio di viali, tra cipressi, di fronte a fontane. Le più note sono: la statua della Baccante del IV secolo, quella di un giovane atleta, copia del Kiniskos di Policleto, un torso in basalto di un nudo virile, un fauno e la statua equestre forse di un imperatore romano.

I lavori di sistemazione della Villa Pontificia, voluti da Pio IX (1922-1939), riguardarono anche la vicina Villa Cybo, il cui parco fu unito con quello Barberini tramite un cavalcavia. Villa Cybo presenta la caratteristica di avere il palazzo sull’odierna via di San Giovanni Battista de la Salle e i giardini sul lato opposto della strada. Il complesso fu voluto dal cardinale Camillo Cybo nel 1717, che fece costruire il casino da Francesco Fontana.

Il palazzo, la cui facciata principale prospetta sulla strada, internamente fu rivestito da ricchi parati e arredato con mobili e quadri di valore e accolse anche una raccolta di manoscritti. Il giardino, modesto e situato a monte, fu l’oggetto della maggior cura del Cardinale: fu ampliato con l’acquisto di oltre tre ettari di terreno e impostato su ripiani ricavati da terrazzamenti e collegati da scalee. Occupò l’area compresa tra la "galleria di sotto" e la zona vicina al Palazzo Pontificio, con un’architettura ricca di elementi vegetali. Era percorso da viali a galleria con siepi di lauro, mortella e con cipressi. Vi erano zone a parterre, con boschetti, o delimitate dal bosso tagliato ad arabeschi. Non mancava nemmeno un serraglio per gli animali esotici. L’acqua era presente con la fontana a Conchiglia, quella delle Lavandaie e con una peschiera dalla forma stellare.

Il cardinale Cybo profuse nel parco una notevole quantità di marmi per costruire balaustre e scalinate, come quella denominata "Teatro grande", a doppia rampa, che conduce ad un piccolo padiglione. Numerose erano anche le sculture all’incrocio dei viali. Tra le più notevoli, quella della Fortuna, ora mutilata della testa e delle braccia, posta subito dopo l’ingresso, e quella di Giove, in prossimità del padiglione.

Alla morte del cardinale la Villa venne ereditata da Maria Teresa Cybo, che la diede per alcuni anni a monsignor de Cadillac, ambasciatore di Francia. Questi, per rendere più piacevole l’ingresso a Benedetto XIV (1740-1758), fece costruire una scala vicino al portone attiguo al Palazzo Apostolico. In seguito, vi soggiornò il Duca di Nivernois. Divenuta proprietà di Livio Odescalchi duca di Bracciano, nel 1773 fu acquistata da Clemente XIV (1769-1774) per essere unita alla Villa Pontificia.

Nel 1789 la Villa fu data da Pio VI (1755-1799) in enfiteusi perpetua al computista del Palazzo Apostolico, Antonio Porcini, che trasformò il giardino in un vasto campo di carciofi. Il casino fu dato nel 1841 da Gregorio XVI (1831-1846) ai Fratelli delle Scuole Cristiane.

WWW.SPECCHIOROMANO.IT - Rivista telematica di Cultura
Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 224 / 2013 del 25 settembre 2013
Copyright 2003-2021 © Specchio Romano  - webmaster Alessandro Venditti

Contatore siti