Una grande esposizione all’Aranciera di Villa Borghese

Willem de Kooning al Museo Carlo Bilotti

 

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di Antonio Venditti

L’Aranciera è uno degli edifici più suggestivi di Villa Borghese, carica di una storia secolare che l’ha vista subire numerose trasformazioni e adattamenti. Quando il cardinale Scipione (1576-1633) iniziò la realizzazione della sontuosa villa fuori Porta Pinciana, già esisteva, quale residenza della nobile famiglia dei Ceuli. Nel Settecento, con Marcantonio IV Borghese, la costruzione, ampliata e decorata da famosi artisti, prese il nome di Casino dei Giuochi d’Acqua per la presenza di fontane e ninfei e divenne sede di eventi e feste mondane.

Gravemente danneggiata nel 1949, durante la strenua difesa della Repubblica Romana assediata dai francesi del generale Oudinot, fu liberamente riedificata e adattata a ricovero invernale degli agrumi, perdendo così tutte le sue preziose decorazioni.
Dopo decenni di degrado, l'Aranciera di viale Fiorello La Guardia è tornata a nuova vita grazie al radicale restauro che nello scorso maggio l'ha trasformata in museo per accogliere la donazione permanente di opere d'arte di Carlo Bilotti, imprenditore italo-americano e collezionista di fama internazionale, costituita da un consistente nucleo di dipinti e sculture di Giorgio de Chirico, rappresentativo dei soggetti più famosi prodotti dall'artista tra la fine degli anni Venti e gli anni Settanta, dal ritratto di Carlo Bilotti eseguito dall'americano Larry Rivers, dal ritratto di Tina e Lisa Bilotti realizzato nel 1981 dal maestro della Pop Art Andy Warhol, da L'estate di Gino Severini e dal grande Cardinale in bronzo di Giacomo Manzù.

Nelle sale riservate alle esposizioni temporanee, è ospitata fino all’11 febbraio 2007 una mostra monografica sull’artista americano dell’espressionismo astratto, “Willem de Kooning. Late paintings”,

L’esposizione, promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali Sovrintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, con organizzazione e servizi culturali di Zètema Progetto Cultura, è stata curata da Julie Sylvester e realizzata in collaborazione con The Willem de Kooning Foundation di New York.

Si tratta di un autentico evento culturale: molti dei 16 dipinti esposti, realizzati da Willem de Kooning tra il 1981 e il 1988, gli ultimi della sua produzione artistica, vengono presentati per la prima volta.

Il catalogo della mostra - edito da Electa in italiano ed inglese e curato da Gianni Mercurio e Julie Sylvester – è il primo testo critico interamente dedicato a de Kooning a contenere saggi e articoli in lingua italiana. Al suo interno contributi di Julie Sylvester, Maurizio Calvesi, un saggio di Gianni Mercurio e una raccolta di foto sul rapporto tra de Kooning e Roma.

Nato in Olanda nel 1904 e approdato negli Stati Uniti nel 1926, è considerato il più europeo dei pittori dell'espressionismo astratto, quello in cui è più rintracciabile la matrice espressionista storica del movimento americano. Un artista che insegna a guardare nell’intimo, contribuendo a sostenere il sogno surrealista della ricerca del sé con la medesima sensualità dei maestri olandesi del passato.

                                                     

De Kooning fu attivo in una grande quantità di generi pittorici, con un’arte che va al di là delle scuole interpretative. Durante i quasi 60 anni di attività “reinventò” periodicamente il suo stile. Negli anni ’50, generò molto clamore tra i più rigorosi rappresentanti dell’espressionismo astratto - che pure lo avevano acclamato fino ad allora – il suo allontanamento dall’astrazione pura e la realizzazione della monumentale serie di “Women”. I lavori degli anni ’60 e ’70 si alternarono in soggetti tra paesaggio e figura ed erano caratterizzati dalle superfici dipinte con pennellate vigorose e grande ricchezza cromatica.

Nel 1980, all’età di 76 anni, l’artista mise in atto un nuovo cambiamento, alla ricerca di un diverso modo di dipingere, definito “astrazione lirica”, di cui le opere in mostra al Museo Carlo Bilotti sono la testimonianza.

Nel saggio contenuto nel catalogo della mostra, la curatrice Julie Sylvester afferma che i dipinti dell’ultimo de Kooning rivelano l’ammirazione dell’artista americano per Matisse. La pittura è ariosa nella stesura del colore, che risulta trasparente e ben amalgamato, con vasti spazi di bianco che ne accentuano la luminosità e una calma sconosciuta e fluente, priva della proverbiale insoddisfazione dell’artista.

La mostra “Willem de Kooning. Late paintings” offre contemporaneamente l’occasione per inaugurare ulteriori spazi espositivi all’interno del Museo Carlo Bilotti. Le nuove sale ospitano anche una selezione di foto e documenti che illustrano il costante e felice rapporto di Willem de Kooning con la città di Roma, un rapporto che fu particolarmente significativo anche se concentrato in un arco di tempo limitato.

“L’accoglienza a Roma di de Kooning nell’autunno del 1959 – spiega Antonia Arconti - coinvolge un po’ tutti e diventa un piccolo evento; Scarpitta, preannunciando l’arrivo del grande artista, raccomanda per lettera a De Martiis “Prendilo per mano”; il gallerista infatti ha il compito di andarlo a prendere all’aeroporto assieme ad Afro. Quest’ultimo, nei mesi successivi, dividerà il proprio studio di via Margutta con de Kooning e i due diventeranno grandi amici, con occasioni di incontro successive anche a New York. Per l’artista italiano de Kooning era diventato un importante riferimento, assieme agli altri astrattisti americani, già prima di questo contatto personale, quando nel 1950 aveva trascorso un periodo di otto mesi a New York, fondamentale per l’evoluzione del proprio linguaggio”.

A distanza di 10 anni, nel 1969, de Kooning tornerà a Roma. “La città – continua Arconti - è cambiata, è nel pieno del boom economico ma anche della contestazione giovanile. Il mercato dell’arte è più reattivo. È qui che de Kooning, a sessantacinque anni, inizia un capitolo nuovo nella sua produzione artistica, la scultura. Realizza con la creta i primi modelli di figure che poi verranno fusi in bronzo dall’amico e scultore americano Herzl Emanuel stabilitosi a Roma, dove aveva organizzato in proprio una piccola fonderia. Una nuova evoluzione per il grande artista maturo che non smetterà, mai, di sorprendere”.

“La mostra – ha sottolineato Gianni Borgna, Assessore alle Politiche Culturali del Comune di Roma - è stata l’occasione, ancora una volta, per stabilire un ponte internazionale di relazioni per promuovere l’arte contemporanea, uno degli obiettivi primari che il Museo Bilotti all’Aranciera di Villa Borghese si è prefissato sin dall’inizio, e che adesso dimostra di poter confermare al suo secondo appuntamento con i visitatori”.

 

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