Una mostra voluta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Roma

Le Vedute di Piranesi al Museo del Corso

 

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di Antonio Venditti

La forza espressiva delle Vedute di Roma di Piranesi riesce ancor oggi a stupirci, inducendoci a una profonda riflessione sulla storia e sull’arte. Certamente nella seconda metà del Settecento l’intera cultura europea la formato la propria sensibilità su queste incisioni di qualità eccezionale, diffuse capillarmente, che descrivano in toni solenni la grandiosità passata e presente dell’Urbe.

Con “La Roma di Piranesi. La città del Settecento nelle Grandi Vedute” la  Fondazione Cassa di Risparmio di Roma - Museo del Corso, presieduta da Emmanuele Francesco Maria Emanuele, dedica fino al prossimo 25 febbraio  un’importante mostra incentrata sulla serie delle grandi Vedute della città pubblicate dall’incisore veneto durante il corso della sua vita (1720-1778). La serie completa delle “Vedute” in esposizione presenta tavole di straordinaria freschezza, provenienti dalla famiglia dei Duchi di Wellington, sicuramente tra le primissime tirate dal maestro veneziano.

La mostra è curata da Mario Bevilacqua e Mario Gori Sassoli; il comitato scientifico è formato da Claudio Strinati, Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano; Mario Bevilacqua, Università degli Studi di Firenze, Mario Gori Sassoli, Istituto Nazionale per la Grafica e Alessandro Zuccari, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. L’allestimento è a cura di Jean Paul Troili.

Grazie a diversi itinerari e attraverso la guida delle immagini piranesiane, il visitatore riesce ad avere una visione globale, complessa e affascinante della città del Settecento. La grande capitale cosmopolita del Grand Tour, la metropoli moderna modello per le grandi capitali europee, il centro di riflessione sulla storia e il luogo privilegiato di incontro di artisti, intellettuali e aristocratici di tutta Europa.

Nato a Venezia il 4 ottobre 1720, Giovanni Battista Piranesi venne ben presto indirizzato agli studi di architettura dal padre Angelo, scalpellino, e dal fratello della madre, Matteo Lucchesi, architetto impiegato presso il Magistrato alle acque della Serenissima.

Intorno al 1740 si trasferì a Roma, come “disegnatore” al seguito del nuovo ambasciatore della Serenissima, Francesco Venier. Qui collaborò con Giovanni Battista Nolli, impegnato nella revisione dei lavori della Nuova Pianta di Roma, nella realizzazione di una mappa archeologica di Roma e nella ricomposizione dei frammenti della Forma Urbis severiana. Firmò, con Carlo Nolli, l’incisione della Pianta piccola di Roma moderna.

Frequentò anche lo studio di Giuseppe Vasi, dove praticò un apprendistato che gli permise di approfondire la conoscenza delle tecniche dell’acquaforte e fu essenziale per la sua maturazione artistica nei primi anni romani. All’epoca Il Vasi, colto e coerigiano, era già uno dei principali incisori attivi a Roma, rinomato soprattutto per la riproduzione di tavole di architettura. Studiando appassionatamente la grandezza di Roma nella magnificenza dei suoi monumenti antichi, nella straordinaria ricchezza della città pontificia medievale, rinascimentale e barocca, Piranesi nell’arco di tutta la sua vita riprodusse scorci e monumenti, dando della città quell’immagine che per secoli ha affascinato e ancora oggi continua ad influenzare l’immaginario collettivo. Come spiega Claudio Strinati, Sovrintendente per il Polo Museale di Roma, “proprio il tema dell’immensità trovava in Piranesi l’interprete esemplare anche sotto il profilo tecnico, desunto, indubbiamente, dall’esperienza di maestri di autentica e profonda dottrina come il colto Giuseppe Vasi, ma rielaborato in modo personalissimo per dare veste affascinante e desiderabile alla rievocazione dell’antico”. “Come è stato più volte notato – aggiunge Bevilacqua - uno dei fattori di più netta originalità piranesiana è l’uso del grande formato, che consente l’impianto di immagini dilatate scenograficamente, dai tagli arditi e fortemente scorciati”. “Le Vedute – continua lo studioso - si pongono nel panorama italiano con forte originalità, una risposta diretta e polemica all’immagine di Roma enciclopedica, sistematica e scientifica del Nolli, e alla limpidezza classificatoria e pittoresca di Vasi”. I contemporanei avevano compreso questo aspetto dell’impatto innovativo delle Vedute. Ma Piranesi – insiste Bevilacqua - volle sicuramente differenziarsi dal programma di Vasi non solo con la genialità della propria visione, visionaria e polemica, sublime, certamente sottolineata ed esaltata proprio dal grande formato, ma anche, dunque, per il taglio tematico, che con grande sforzo di sintesi si concentra su un numero decisamente limitato di luoghi e monumenti, mai derogando da una linea interpretativa che nasce da una originalità straordinaria”.

In esposizione, intorno al nucleo delle collezioni dei duchi di Wellington, anche capolavori provenienti da numerose collezioni pubbliche e private, come alcuni straordinari disegni piranesiani esposti a Roma per la prima volta, dipinti inediti di Giovanni Paolo Pannini, sculture, modelli architettonici.

Una sezione speciale è dedicata a Piranesi incisore, editore e mercante di stampe, con la presentazione di un prezioso taccuino giovanile, concesso in prestito ed esposto al pubblico per la prima volta. Nel “Taccuino di Modena” disegni, appunti, schizzi e note permettono di entrare nei processi creativi del genio piranesiano.

Un’altra sezione espositiva è riservata a Piranesi architetto, nel confronto con le grandi realizzazioni promosse dai papi per il rinnovamento di Roma come città moderna, quali il porto di Ripetta, Piazza di Spagna, Fontana di Trevi, Sacrestia dì San Pietro, San Giovanni in Laterarìo e le grandi basiliche ricostruite nel Settecento.

Viene presentata per la prima volta la ricostruzione multimediale di progetti architettonici piranesiani non realizzati e di insiemi decorativi da lui curati e andati distrutti.

L’elegante catalogo riccamente illustrato a cura di Mario Bevilacqua e Mario Gori Sassoli (Editoriale Artemide, 296 pagine) contiene i contributi di illustri studiosi come Claudio Strinati e John Wilton-Ely che si è soffermato sul grand-tour dei viaggiatori britannici e la fortuna di Piranesi in Inghilterra. Marcello Fagiolo ha illustrato l’iconologia della Roma piranesiana, Francesca Lui ha incentrato la sua ricerca sui rapporti di Piranesi e gli artisti francesi, mentre Mario Bevilacqua ha scritto un saggio sugli itinerari piranesiani a Roma.

La mostra è aperta tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00, tranne il lunedì, il 25 dicembre 2006 e il 1° gennaio 2007.

 

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