I delatores: gli "spioni"
"L’intera cittadinanza fu presa da ansioso timore, spinta a proteggersi anche dai parenti, ad evitare incontri e colloqui, orecchie note e ignote e a guardare con sospetto perfino gli oggetti muti e inanimati, i soffitti e le pareti". Sono le parole con cui lo storico Tacito descrive la Roma "controllata" e "guardinga" dell’epoca in cui regnava l’Imperatore Tiberio. Intrighi e cospirazioni potevano essere sempre in agguato e l’intelligence, ieri come oggi, aveva il compito di controllare, monitorare, prevenire. Così tutti gli imperatori pensarono alla propria incolumità predisponendo un corpo di guardia personale e una fitta rete di spie con il compito di reprimere eventuali azioni pericolose o sovversive. Nell’antica Roma era molto redditizia la professione del "delator", il delatore. Con questo termine si indicava il pubblico "accusatore", figura fondamentale per l’istruzione di un processo penale. Spesso la "delatio" si trasformò in un’abile arma politica e di ricatto personale. Persino alcune donne, per arricchirsi, ricoprirono questo ruolo. Le accuse più frequenti rivolte a delinquenti o a poveri malcapitati erano legate a questioni finanziarie, alla magia, a problemi testamentari. Di "crimen maiestatis", lesa maestà, poteva addirittura essere accusato chi entrava in un bordello o in una latrina con un oggetto, magari un anello, che recava l’immagine di Augusto. L’argomento è stato approfondito nel corso dell’Intervista possibile di "Questa è Roma!", la trasmissione condotta da Maria Pia Partisani, in onda ogni sabato mattina, dalle 11.00 alle 12.00, su Nuova Spazio Radio (88.150 MHz). |
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