Sorse su un antichissimo tracciato regolarizzato nel IV sec.a.C. Itinerari di storia e arte lungo la via Latina Nel Parco di via Arco di Travertino si conserva in parte l’antico basolato, fiancheggiato dai sepolcri
La via Latina fu una delle più importanti strade del mondo romano. Il suo tracciato, di origine antichissima e spontanea, fu regolarizzato alla fine del IV secolo a.C. Raggiungeva Capua attraversando i territori della Lega Latina ed era fiancheggiata da sepolcri e sontuosi mausolei, splendide ville e acquedotti. In epoca repubblicana la via usciva, insieme all’Appia, dalle mura serviane a Porta Capena. Quando Aureliano, nel III sec. d. C., costruì la nuova cinta muraria, il tratto extraurbano della via iniziò dalla Porta Latina, ancora ben conservata, ad un solo fornice e pavimento di travertino, fiancheggiata da due torri circolari in laterizio, originariamente rivestite da blocchi di pietra. Onorio (395-423) per aumentare la sicurezza della porta ridusse il fornice esterno e forse aggiunse l’attico merlato, in cui si aprono cinque finestrelle ad arco corrispondenti alla camera di manovra. La chiusura era doppia, esternamente con una saracinesca ed internamente con due battenti. Appena oltrepassata la porta, cominciava la teoria dei monumenti funebri, che, secondo la legge romana, dovevano trovarsi al di fuori della città. Alcuni sono sopravvissuti, purtroppo inseriti in un tessuto urbano moderno sviluppatosi incontrollatamente negli anni del boom edilizio. Singolare è la Torre dell’Angelo (via Latina 53-55), un sepolcro in laterizio del II sec. d.C. a tre piani, trasformato nel Medioevo in torre di guardia. A via Martellini si apre l’ingresso all’ipogeo di Trebio Giusto, dell’inizio del IV sec. d.C., ornato da pitture che illustrano realisticamente momenti della vita e del lavoro del giovane defunto, un costruttore. Una botola posta al civico 258 dà accesso, con il permesso della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, a una piccola catacomba privata, realizzata tra il 340 ed il 360 d.C. E’ stata definita "una pinacoteca del IV sec.", poiché tutte le pareti sono affrescate da una sequenza impressionante di soggetti pittorici, alcuni dei quali poco comuni, se non unici nel repertorio paleocristiano. Uno dei cubicoli, forse dell’epoca di Giuliano l’Apostata, è dipinto addirittura con scene pagane, incentrate sulla figura di Ercole, simbolo della eroizzazione del defunto e della sopravvivenza oltre la morte. Nel Parco della Caffarella si innalza un suggestivo monumento funerario "a tempio" in laterizio, del II sec. d.C., con due piani e finti pilastri che reggono un timpano triangolare. Nell’Ottocento fu creduto il tempio del dio Redicolo, la divinità che proteggeva il ritorno, a cui i romani rendevano omaggio alla fine di ogni viaggio. Il grande archeologo Rodolfo Lanciani, che vi ha riconosciuto con sicurezza un edificio funerario, ha pensato di identificarlo con il cenotafio di Annia Regilla, moglie di Erode Attico, morta del 161. Poco distante si può visitare un ninfeo in opera mista del II sec., ritenuto dagli studiosi del Quattrocento il luogo dove il re Numa Pompilio era solito incontrare la Ninfa Egeria, ispiratrice delle leggi di Roma. Per avere un’idea dell’aspetto della strada in epoca romana, bisogna recarsi al Parco delle Tombe Latine, con ingresso in via Arco di Travertino 151, dove si conserva l’antico tracciato, largo poco meno di quattro metri, ancora in parte lastricato, fiancheggiato dai sepolcri. Famoso è quello "Barberini", decorato da finissimi stucchi, nel quale è stato rinvenuto il sarcofago con il mito di Protesilao e Laodamia, oggi nella Galleria dei Candelabri ai Musei Vaticani. Anche il sepolcro attribuito alla Famiglia dei Valeri ha sulla volta stucchi, con figure allegoriche, soggetti dionisiaci e marini, mentre le pareti erano rivestite da lastre di marmo, purtroppo asportate. La Tomba dei Pancrazi, dove sono stati rinvenuti numerosi sarcofagi, ha conservato i pavimenti con tessere bianche e nere. Poco resta della basilica dedicata a santo Stefano, fatta costruire nel V secolo da San Leone Magno. Nella località detta fin dal medioevo "Arco di Travertino", dal rivestimento dell’arcata dell’acquedotto di Claudio che scavalcava la via Latina in quel punto, svetta ancora coi suoi circa 30 metri di altezza Tor Fiscale, la cui origine risale all’età barbarica. Qui Vitige, re dei Goti, apprestandosi a dare l’assedio a Roma, costituì nel 539 uno dei suoi principali campi trincerati, utilizzando l’incrocio dell’Acquedotto Claudio con quello dell’Acqua Marcia, che veniva a chiudere uno spazio trapezoidale. Il paesaggio si fa sempre più suggestivo, con la brulla campagna scandita dalle arcata degli acquedotti. A via Lemonia si trova il complesso della villa delle Vignacce, lussuosa residenza suburbana sorta in età adrianea al IV miglio della via Latina, forse per volontà di Servilio Pudente, padre del console del 166 d.C., divenuta presto proprietà imperiale. Dotata di ambienti termali, una grande cisterna ed una parte residenziale, fu scavata fin dalla fine del Settecento. Vi si rinvennero importanti opere di scultura, ora ai Musei Vaticani, come il Ganimede Chiaramonti, il cui originale è attribuito a Leochares, un ritratto colossale di Giulia Domna, moglie dell’imperatore Settimio Severo e una piccola replica marmorea del famoso bronzo della Tyche di Antiochia, capolavoro della prima età ellenistica di Eutichides, allievo di Lisippo. Il tracciato viario antico è in questa parte sconvolto e non facilmente rititracciabile a prima vista. E’ necessario portarsi sulla Tuscolana per raggiungere la villa dei Sette Bassi, la maggiore dimora suburbana della via Latina, seconda per grandezza, nei dintorni di Roma, solo a quella dei Quintili. Vari edifici erano distribuiti in tutta l’area e comprendevano, oltre agli ambienti signorili, cisterne, abitazioni per la popolazione rurale, magazzini e templi. Il suo primo nucleo risale al II sec.d.C. e le sue rovine sono talmente imponenti che furono credute nel Settecento le vestigia di un’intera città. Si può ricostruire ancora il percorso della via Latina compreso nel comune di Roma seguendo l’allineamento dei sepolcri nella zona dell’Osteria del Curato o di via del Casale Ferranti, mentre verso la via Anagnina gravita oggi il Casale di Gregna, che incorpora una cisterna romana a due piani. |
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