I porti di Ripetta e Ripagrande furono attivi fino all’Ottocento Gli approdi sul Tevere centri di commercio Il recupero dall’abbandono dell’Arsenale pontificio, a Porta Portese, darà vita a una prestigiosa sede espositiva
Il rapporto tra Roma e il Tevere, antico e vitale, era ancora imperniato nell’Ottocento attorno alle diverse funzioni dei porti di Ripagrande e di Ripetta, importanti centri del commercio urbano. All’interno di Roma, le sponde del fiume erano animate e pittoresche per la grande densità di popolazione che a partire dal Medioevo si era stabilita nell’ansa del fiume e per tutti gli aspetti propri dell’ambiente fluviale. In prossimità dei porti di Ripetta e di Ripagrande era un pullulare rumoroso e concitato di barcaioli, un andirivieni di carpentieri, un affollarsi di burchiaroli e si poteva ascoltare uno strano dialetto romanesco marinaro. Ancora vivacissime immagini erano proprio sul fiume, percorso da frequenti imbarcazioni da carico; si potevano vedere, prima che la piena del 1870 li strappasse dagli ormeggi, gli ultimi tre molini galleggianti. Attiva e movimentata, la vita proseguiva agli imbarcaderi, sui traghetti e le cale. A valle dei fiume, di fronte all’Ospizio Apostolico di San Michele, era il porto principale di Roma, quello di Ripagrande, costruito fin dal 1692, dove attraccavano, risalendo il Tevere da Fiumicino, le grandi imbarcazioni provenienti dal Mediterraneo, per scaricare soprattutto i corposi vini di Sicilia e la legna della Maremma. Più piccolo era il porto di Ripetta, che si apriva scenograficamente ed inaspettatamente sul fiume tra le quinte delle case, con la sagoma ondulata di tipo borrominiano, splendida architettura creata nei 1705 da Alessandro Specchi e ripresa per la scalinata di Trinità de’ Monti. Il porto, voluto da Clemente XI Albani, fu costruito con i resti di un’intera arcata del Colosseo, caduta per le scosse del terremoto del 1703 e con gli avanzi dell’acquedotto dell’Acqua Vergine scoperti in quegli anni nelle fondamenta di Palazzo Serlupi in via del Seminario. Il porto di Ripetta risultava formato da due ampie cordonate con ripiani che mettevano in comunicazione le banchine con il piano stradale. Al centro era un piccolo emiciclo contornato da sedili e con alle estremità due colonne idrometriche. Nel mezzo dell’emiciclo si trovava una graziosa fontana a scogliera, con delfini, fatta costruire nel 1704 da papa Clemente XI Albani, affinché vi si potessero dissetare i facchini addetti allo scarico di legna da ardere e vino e oggi sistemata, insieme con le due colonne idrometriche, in piazza del Porto di Ripetta. Progettata da Alessandro Specchi, la fontana è composta da una vasca ovale dalla quale emerge una scogliera, alla cui base due delfini sono separati da una conchiglia e al cui sommo è posta la stella araldica di Clemente XI. Intorno alla metà del Settecento in cima alla scogliera venne sistemata una lanterna per facilitare l'approdo notturno della imbarcazioni. Lo scalo di Ripetta, con un movimento minore rispetto a quello di Ripagrande, accoglieva il traffico fluviale proveniente da monte e serviva allo smercio dei carichi diretti al centro di Roma. Vi ancoravano, partiti da Orte e da Terni, i barconi carichi di legna, carbonella e grano, portando quei vini leggeri e comuni che il Belli e con lui i Romani chiamavano "l’acquaticci de Ripetta". Mentre il porto di Ripetta fu soppresso nel 1889 per far posto alla costruzione di un ponte di ferro sostituito poi dal ponte Cavour, vicino al quale è stata rimontata l’antica fontana del porto, quello di Ripagrande fino al 1907 era ancora in funzione, per cessare gradatamente di li a pochi anni la sua attività commerciale, come del resto l’Arsenale Pontificio, che cadde in disuso. L’esistenza di quel mondo immortalato dagli acquerelli di Ettore Roesler Franz è attualmente ricordata dal nome di alcune strade, come via della Barchetta, via della Mole dei Fiorentini e dai Lungotevere di Ripetta e di Ripagrande. Roesler Franz rivelò nei suoi acquerelli una singolare sensibilità, scaturita dal percorre il fiume in barca, osservandone con occhio acuto la corrente, le acque (certamente allora più chiare) in cui si riflettevano le case o l’azzurro del cielo. Ma l’artista non volle limitarsi solamente al Tevere come paesaggio, ma per rendere più completa la sua documentazione, ormeggiata la barca scendeva a riva tra i pescatori, visualizzandone la vita attiva. Ed ecco lo stupendo e malinconico acquerello del porto di Ripetta con il grosso barcone ormeggiato: sintesi della vita passata del fiume e della sua futura stasi. Situato in posizione strategica tra il porto di Ripa Grande e la via Portuense, oltre la Porta Portese, di fronte all’antico Emporium, era l’Arsenale pontificio, un cantiere per la costruzione e riparazione di piccole unità, essenzialmente i barconi e le chiatte che discendevano e risalivano il fiume. Fu commissionato dalla Camera Apostolica nel 1714, sotto il pontificato di Clemente XI, e ultimato nel 1715. E’ attribuito da alcuni studiosi all’architetto Carlo Fontana, che in quegli anni lavorava a San Michele a Ripa. Secondo altri, autore del progetto sarebbe stato G.B. Contini, un ingegnere idraulico. Appare per la prima volta rappresentato in una incisione del 1725 attribuita al Pinaroli e in seguito nella grande pianta del Nolli del 1748. E’ formato da due navate accessibili mediante una duplice arcata a sesto acuto. Il tetto, a capanna, ha al centro un "occhialone" nel quale lo stemma del pontefice è sorretto da ippocampi uscenti dall’acqua. L’Arsenale svolse la sua funzione fino al 1880 circa. Quindi fu abbandonato e divenne un deposito di materiali vari. Le sue condizioni erano fatiscenti: cadevano le tegole dal tetto e pioveva all’interno. Anche le murature avevano un urgente bisogno di restauro, perché le vecchie tamponature rischiavano di crollare. Ora finalmente l’Arsenale è oggetto di un intervento di tipo conservativo, che interessa anche i due edifici contigui delle corderie e dei magazzini del sale. Alla fine dei lavori, dovrebbe diventare una sede espositiva di prestigio, che riqualificherà tutta l’area. |
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