La loggetta si affaccia sulla ripida "Salita dei Borgia"

Il balcone di Vannozza, sogno poetico di Byron

Nonostante una tradizione secolare, l’amante di Alessandro VI non abitò mai in quel palazzo il cui arco conduce a S. Pietro in Vincoli

di Antonio Venditti

Quella che comunemente è conosciuta come la "Salita dei Borgia", ora una semplice scalinata, da via Cavour sale verso piazza di San Francesco di Paola, sulla quale si ergono quelle che furono ritenute le "Case" dei Borgia. Questo complesso edilizio, pittoresco, dà vita a un palazzo, attribuito da alcuni studiosi a questa famiglia, in realtà appartenuto ai Margani, che nel 1512 vi ospitarono per alcuni giorni Giulio II (1503-1513). Successivamente proprietà dei Cesarini, che vi posero una famosa collezione di cimeli e busti marmorei ora al Museo Capitolino, verso le metà del secolo XVII passò agli Orsini, dei quali un Giordano lo retrocesse nel 1571 per tremila scudi a Giorgio Cesarini.

Nel 1622 fu venduto al calabrese frate Pizzallo che lo donò ai frati Minori Paolotti. Questi lo trasformarono in convento erigendovi anche la Chiesa dedicata a S. Francesco di Paola.

Siamo in uno spazio suggestivo, che evoca tempi molto lontani, quasi isolato dal caos cittadino, perché compreso tra gli alti muraglioni che fiancheggiano ad angolo retto le vie Cavour e degli Annibaldi. Il tratto di via S. Francesco di Paola ricalca in parte un tracciato romano, il "vicus sceleratus", sul quale il cadavere di Servio Tullio, sesto re di Roma, venne ripetutamente calpestato dal cocchio guidato dalla figlia Tullia, moglie di Lucio Tarquinio, il quale poco prima aveva ferito a morte il suocero facendolo ruzzolare sui gradini della Curia.

A differenza della facciata su piazza di San Pietro in Vincoli - dai caratteri chiaramente moderni - la fronte principale dell’edificio, la cui origine risale forse al XIII secolo, non è più definita e presenta caratteri architettonici medievali, rinascimentali e cinquecenteschi. E’ ingentilita da una bellissimo balcone a trifora con trabeazione a triglifi e cornicione dentellato del sec. XVI, unico ornamento di rilievo, che una tradizione popolare ha voluto identificare nella casa in cui avrebbe abitato Giovanna dei Caetani, detta "Vannozza", fatta costruire secondo una antica leggenda su disegno di Raffaello, per incarico del suo amante, il cardinale Rodrigo Borgia, poi Papa Alessandro VI (1492-1503), da cui ebbe quattro figli: Giovanni, Cesare, Lucrezia e Goffredo. E’ certo, però, che l’urbinate giunse a Roma quando il Pontefice era morto da cinque anni e all’epoca della realizzazione della loggia coperta di tipo serliano (1520) la stessa Vannozza, che si diceva proprietaria oltre che del palazzo anche della vigna annessa, era deceduta da due anni. Scriveva il Gregorovius che "in questa vigna il 14 giugno 1497, Vannozza invitò ad una cena i suoi figli Giovanni, Cesare e Lucrezia, con altri parenti. Tornando la notte a casa da quella festa di famiglia Don Juan" — duca di Candia — "scomparve senza lasciar di sé traccia alcuna. Solo tre giorni dopo il cadavere dell’ucciso fu tratto dal Tevere".

Prima dei lavori per la realizzazione della sottostante via Cavour (in precedenza via Graziosa), la loggetta costituita quasi un fondale di notevole effetto di un viottolo, ripreso nel tracciato dalla "Salita dei Borgia", in un rapporto ambientale che fece immaginare nel 1817 a Giorgio Byron, durante le sue passeggiate notturne per Roma, di vedere affacciata da quel balcone Vannozza e sua figlia Lucrezia la "Bella", di cui si dice che il poeta conservasse una ciocca di capelli biondi.

I lavori di isolamento della zona hanno liberato alcune antiche sostruzioni, visibili nel passaggio al di sotto della loggia, rimettendone in luce le fasce bianche e nere delle murature, nelle quali si possono riconoscere resti di fortificazioni delle case dei Cesarini.

Il Palazzo, come l’adiacente Convento di S. Francesco di Paola, è ora sede dell’Istituto Centrale del Restauro e solo in due degli ambienti interni è conservata la cinquecentesca decorazione a grottesche.

Il transito verso piazza San Pietro in Vincoli è dato da un basso arco che si apre sotto la facciata del palazzo, costruito con l’esclusiva funzione di passaggio pedonale: infatti, si presenta come un voltone massiccio e tetro per il forte dislivello della gradinata, privo di una minima ricerca estetica e in pieno contrasto con il soprastante balcone.


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