L’imperatore Commodo pur di averla fece uccidere i proprietari Era bella...da morire la Villa dei Quintili Nella principesca residenza sull’Appia furono trovate centinaia di statue, ora nella Collezione Torlonia e in vari musei d’Europa Immersa nel verde e nella pace delle Campagna Romana, in un luogo "bello in ogni stagione dell’anno e in ogni ora del giorno", come lo definì ai primi del ‘900 il grande archeologo Thomas Ashby, si trova la Villa dei Quintili, la più grande del suburbio, con i suoi suggestivi resti sparsi su un’area di circa 24 ettari, compresi tra l’Appia Antica e la Nuova. L’area è stata oggetto di una campagna di scavi e restauri effettuata grazie ai fondi del Giubileo, che ha eliminato enormi quantitativi di terra di discarica, liberando in parte il piano della Villa e chiarendo la destinazione di alcuni ambienti, soprattutto le grandi aule termali del calidario e del frigidario, rese famose a partire dalla fine del ‘700 da artisti ed incisori come Giovan Battista Piranesi e Carlo Labruzzi. Presso l’ingresso, nell’ex stalla di un moderno casale, è sistemato l’Antiquarium. dove sono esposti reperti rinvenuti nella zona a partire dall’inizio dei ‘900. Vi si possono ammirare una statua colossale di Zeus seduto su una roccia, una di Ercole, elementi decorativi, parti di rivestimenti pavimentali e parietali in marmo, una lastra d’alabastro con iscrizione cristiana, monete, ritratti, erme, decorazioni architettoniche, oltre a numerose statuette provenienti da un santuario poco distante, dedicato a Zeus Bronton e ad altre divinità, soprattutto orientali, come Cibele, Astarte ed Artemide Efesia. La Villa sorge al V miglio dell’Appia, la "Regina Viarum", proprio dove gli antichi ritenevano fosse avvenuto, al tempo del re Tullo Ostilio, il leggendario scontro fra i tre gemelli romani, gli Orazi, e i tre gemelli di Alba Longa, i Curiazi. Il luogo era chiamato nelle antiche carte "Statuario", a causa delle opere d’arte che tornavano alla luce in grande copia: gli scavi, iniziati nel ‘500, vi furono condotti in maniera sistematica a partire dalla fine del ‘700, finanziati da Pio VI con gli introiti del gioco del Lotto che – nove volte l’anno - si teneva in piazza Montecitorio. Le indagini archeologiche continuarono quasi ininterrottamente fino alla seconda metà dell’Ottocento, portando al rinvenimento di una tale quantità di statue da riempire intere sale di Villa Albani, del Palazzo Torlonia alla Lungara, dei Museo Vaticani, del Museo Nazionale Romano, del Louvre e della Glyptoteca di Monaco. Dalla Villa dei Quintili provengono la cosiddetta Venere Braschi, i due fanciulli nell’atto di strozzare l’oca e numerosi ritratti di filosofi e imperatori. Un altro nome dato ai resti della Villa fin dal ‘700 era quello di "Roma Vecchia", perché erano tanto estesi da sembrare una città. Soltanto nel 1928 vennero ritrovate alcune fistole acquarie in piombo (tubature) con impressi i nomi dei due fratelli proprietari della villa, Sesto Quintilio Condiano e Sesto Quintilio Valerio Massimo, di famiglia senatoria, grandi latifondisti, autori di opere militari e di agrimensura, ricordati anche dalle fonti antiche per l’amore e la concordia che li univa, anche nell’assumere insieme importanti cariche pubbliche. Ricoprirono il consolato nel 151 d.C. - sotto Antonino Pio - ed ebbero importanti incarichi in Grecia ed Asia al tempo di Antonino Pio e di Marco Aurelio. L’imperatore Commodo, avido delle loro immense ricchezze, nel 182 li accusò di aver congiurato contro di lui e li mandò a morte, confiscando così tutti i loro beni, compresa la Villa sull’Appia, dove amò soggiornare a lungo, come riportano le fonti e dove eseguì numerosi lavori di ampliamento. Il complesso appare alquanto articolato, con molti ambienti di varia destinazione: era dotato del corredo caratteristico delle maggiori ville romane dell’epoca, che - come ricordava lo scrittore greco Olimpiodoro – avevano "tutto ciò che una città media poteva contenere, un ippodromo, fori, templi, fontane e terme di diversi tipi". La zona residenziale si affacciava su un grande cortile lastricato, mentre gli ospiti erano accolti con magnificenza in un’ampia sala ottagonale per i banchetti, dove si possono ancora riconoscere parte del sistema di riscaldamento pavimentale, un monumentale ninfeo ed un criptoportico. Non mancava un sontuoso complesso termale, con ambienti disposti su due livelli, di cui facevano parte le due grandi aule di cui i recenti scavi hanno rivelato la destinazione. In una era sistemato il calidario, occupato quasi interamente dalla vasca per i bagni caldi, nella quale si entrava per una completa immersione dai gradini disposti su tre lati. Si conservano i vani dove l’acqua veniva scaldata (praefurnia) e da cui partiva un sistema di rialzamento della pavimentazione con file di mattoncini, per permettere all’aria calda di circolare nell’intercapedine così ottenuta. Il frigidario era composto di una grande sala centrale alla quale si allineavano, sui lati corti, due vasche per i bagni freddi, che mostrano ancora il sistema di immissione e scarico delle acque. E’ l’ambiente più riccamente decorato, quello da cui provengono statue e rilievi di soggetto dionisiaco oggi in vari musei, ma principalmente nella Collezione Torlonia. Conserva ancora il pregiato pavimento in lastre di marmi policromi orientali, che giaceva nascosto sotto oltre 80 metri cubi di terra. Si nutrono dubbi sulla funzione del cosiddetto "Teatro marittimo", a pianta ellittica, che mostra una certa somiglianza con l’omonimo ambiente della Villa Adriana a Tivoli e dovrebbe essere oggetto di prossime, chiarificatrici, indagini archeologiche: forse si trattava di un luogo tranquillo dove riposarsi dopo i bagni nelle terme. Un articolato sistema di condotti e cisterne garantiva l’approvvigionamento idrico dall’acquedotto principale agli ambienti della Villa, residenziali e termali, permettendo così anche il riscaldamento. Vicino al quartiere residenziale restano le tracce di un ippodromo, destinato a rallegrare, con animate gare, la vita agiata degli abitanti della Villa. L’ingresso alla Villa dei Quintili è situato al n. 1092 della Via Appia Nuova, presso cui si trovano i servizi di accoglienza (biglietteria, bookshop) e l’Antiquarium. Il complesso è aperto tutti i giorni, tranne il lunedì, con orari che variano nel corso dell’anno. |
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