"L’Arco di Costantino. Divagazioni sull’antico" Un volume di Skirà raccoglie cinque conversazioni tenute da Federico Zeri
L’arco di Costantino non è solo uno tra i monumenti più celebri e celebrati di Roma, è un simbolo di potere e di magnificenza. Sotto le sue poderose arcate sembra di poter sentir passare l’alito della storia. Non c’è da meravigliarsi se Federico Zeri lo aveva scelto come paradigma di un’ampia panoramica sulle civiltà di tutti i tempi e sulle loro forme di espressione artistica, svolta in cinque conversazioni tenute nel 1989 all’Università Cattolica di Milano e ora finalmente raccolte in un volume. Dalle pagine de "L' arco di Costantino. Divagazioni sull’antico" (Skira, 160 pagine, 74 illustrazioni a colori e 1 b/n, 24,00 euro) emerge prepotente la figura di Federico Zeri, vuoto difficilmente colmabile nel panorama culturale italiano, capace di attingere a un repertorio inesauribile di opere, più o meno note, per accostarle, confrontarle, metterle in antitesi, provocando continui cortocircuiti storici tra i più disparati campi dello scibile. "Qualcuno si sarà domandato – disse Zeri – perché ho scelto per queste conversazioni l’Arco di Costantino. Perché è uno di quei monumenti il cui interesse non consiste soltanto nelle varie ipotesi attributive, nell’esercizio filologico o nell’indagine di ciò che rappresentava per Roma antica. E’ uno di quei monumenti – ce ne sono altri nella storia europea – che si trovano a un crocevia. Studiandoli si riesce a capire molto della storia, sia del passato anteriore essi, sia, soprattutto, di quello posteriore". Grazie al genio e alla ricerca di Zeri un’opera d’arte diviene specchio non solo della civiltà che l’ha prodotta, ma si proietta sulle epoche successive, che ne danno letture diverse, indicative di un gusto e di una sensibilità propri, comunque significativi. In questo modo il mondo antico si riversa nel Medioevo e di qui all’età moderna e contemporanea. Come ha detto Salvatore Settis, "L’Arco di Costantino. Divagazioni sull’antico" rappresenta un testo inedito e folgorante di quel "conversatore, inimitabile, di quella voce potente e acuta di cui oggi sentiamo la mancanza. Soprattutto avremmo ancora bisogno della sua capacità di sdegnarsi, del suo impegno per la tutela dei beni culturali". Profondo conoscitore del patrimonio artistico nazionale, di cui si è sempre dimostrato difensore attento e anticonformista, studioso della storia delle opere d’arte, Federico Zeri (1921-1998) è considerato uno dei più grandi storici dell’arte italiani. Visiting professor presso la Harvard University di Cambridge e la Columbia University di New York, ha fornito un decisivo apporto alla formazione del Getty Museum di Los Angeles. Tra le sue numerose opere, si possono ricordare "Pittura e Controriforma" (1957), "Due dipinti, la filologia e un nome", "Il maestro delle Tavole Barberini" (1961), "Diari di lavoro" (1971, 1976), "Dietro l’immagine" (1987), "Orto aperto" (1990). |
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