Venne realizzato su progetto dell’architetto Cesare Bazzani

Palazzo dell’Istruzione: la fantasia non ha limiti

I lavori subirono rallentamenti per lo scoppio della Grande Guerra. L’inaugurazione fu effettuata il 28 ottobre 1928

di Antonio Venditti

Un esempio di architettura esuberante a Roma, che ha guidato tutte le costruzioni dell’ingegnere Cesare Bazzani, figlio dell’architetto Luigi e nipote dello scultore e pittore Cesare Fracassini, campeggia in viale Trastevere: è il Ministero della Pubblica Istruzione, in precedenza dell’Educazione Nazionale.

L’edificio, con il prospetto principale su viale Trastevere e delimitato negli altri due lati da viale Glorioso e da via Dandolo, occupa un’area di 17.000 mq., di cui 9.500 coperti, 3.160 a cortili, 4.340 quali zone di rispetto e a giardino.

Fu iniziato nel 1914 su progetto del Bazzani. L’esecuzione dei lavori, affidata agli ingegneri del Genio Civile con la direzione di Cesare Palazzo, venne sospesa durante la prima guerra mondiale per essere completata nel 1928. Il 28 ottobre di quell’anno il Ministero fu solennemente inaugurato.

Il prospetto su viale Trastevere è preceduto da un’ampia scalea a doppia rampa carrozzabile, ornata da due imponenti candelabri in pietra e bronzo.

La facciata, lunga 140 metri, con un gruppo centrale fortemente aggettante e due ali leggermente rientranti, è sormontata da un attico con le statue in travertino raffiguranti la "Scienza", di Publio Morbiducci, la "Filosofia", di Bernardo Morescalchi, la "Didattica", di Ernesto Vighi e "l’Arte ", opera del Volterrani.

L’ingresso principale immette in un atrio con portico a giorno - formato da pilastri e da quattro fasci con altrettante colonne di granito bianco di Baveno su basi di travertino - dal quale si accede al cortile d’onore fiancheggiato da dodici cariatidi del Morbiducci e del Morescalchi.

Sul prospetto di fondo, nell’attico, le due statue "dell’istruzione elementare" e "dell’istruzione secondaria ", rispettivamente con fiori e frutti, opere dello scultore Mazzini.

L’interno, a quattro piani, comprende 560 ambienti: degni di nota, oltre ai due scaloni d’onore ai lati dell’atrio, in botticino di Rezzato con pannelli in onice di Siena, al piano nobile lo scalone in marmo con balaustra in legno sostenuta da pilastri di giallo di Siena, la galleria di disimpegno con il monumento ai funzionari del Ministero caduti in guerra, l’ampio salone per le riunioni con pitture di Antonino Calcagnadoro e quadri con i ritratti dei Ministri dell’Educazione Nazionale fino a Giovanni Gentile. Inoltre, due anticamere e altrettanti studi rispettivamente per il Ministro e il Sottosegretario: il primo ornato con pitture di Paolo Paschetto, l’altro con quelle di Rodolfo Villani. E ancora, il salone del Consiglio superiore e due sale ovoidali attigue con fregi del Morescalchi.

In due stanze ovali al pianterreno dell’edificio si trova la biblioteca, che, istituita nel 1863, venne successivamente smembrata. Fu ricostruita nel 1912 per essere di nuovo soppressa nel 1920 e ancora ripristinata nel 1926. Raccoglie soprattutto testi di diritto amministrativo, letteratura e pedagogia.

Il Palazzo della Pubblica Istruzione si inserisce a pieno titolo nella grande stagione dei complessi edilizi destinati ad accogliere i Ministeri di Roma Capitale, fiorita alcuni anni prima della Grande Guerra. Cesare Bazzani, in questo edificio, concretizza la tendenza in voga della commistione stilistica della tradizione architettonica, dal Classicismo cinquecentesco al modernismo del Liberty, passando attraverso il Barocco e il Rococò.

Nel 1914, durante i lavori per la costruzione del Palazzo, a cinque metri di profondità, sotto l’angolo sud ovest del cortile, fu rinvenuto un piccolo santuario dedicato il 24 maggio del 70 d.C. alla divinità latina "Fons" da due liberti: P. Pontius Etos e C. Veratius Fortonatus e dalle loro mogli, Tutilla Helix e Popillia Pnoes, forse membri del "Collegium aquarum", esistente fin da epoca remota per proteggere le sorgenti dei pozzi dal rischio di inquinamento.

Il santuario, costituito da un’aula di m. 2, 38 x 2,25 con volta a botte a tutto sesto, presentava, nella parete opposta a quella d’ingresso, un’edicola formata da un basamento - in cui era murata una lapide con la dedica e nel cui zoccolo si trovava il foro attraverso cui passava il canale per immettere acqua - sul quale si sviluppava una nicchia che terminava a forma di conchiglia, in stucco e con il timpano sovrapposto.

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