Venivano celebrati a San Giovanni a Porta Latina

Nella Roma del ‘500 i matrimoni tra gay

Undici "novelli sposi" furono condannati al rogo. Sisto V con una Bolla vietò le nozze agli eunuchi

di Antonio Venditti

Verso la fine del ‘500, Roma appare, nonostante le innovazioni edilizie, una città ancora dall’aspetto tipicamente medioevale, caotica, poco sicura, tanto da indurre i viaggiatori ad affrettarsi a depositare il denaro della propria borsa presso i banchieri.

Molto fini e attente al riguardo sono le osservazioni del Journal de Vojage di Montaigne, particolari minuti e meticolosamente prescelti che ricostruiscono l’ambiente e il clima della città, fotografati con vivacità di colore.

E proprio Montaigne nel 1581 riferisce di "particolari" matrimoni che tre anni prima venivano celebrati nella chiesa di San Giovanni a Porta Latina. Ecco il suo racconto di ritorno da San Pietro, dove il 18 marzo "l’ambasciatore portoghese" Juan Gomez de Silva "porse al papa l’obbedienza del regno di Portogallo per conto del re Filippo: era lo stesso ambasciatore che rappresentava qui il defunto re, e gli Stati avversi a Filippo stesso". Annota Montaigne, lasciata la Basilica Vaticana, di aver incontrato un uomo che gli fornì "scherzando, due notizie: la prima, che i Portoghesi prestano obbedienza la settimana della Passione; la seconda, che quello stesso giorno la stazione era a S. Giovanni a Porta Latina, chiesa nella quale certi Portoghesi avevan fondato anni fa una strana confraternita: si sposavan fra maschi alla messa, con le stesse cerimonie che noi usiamo per il nostro matrimonio, facevan comunione insieme, leggevano lo stesso nostro vangelo nuziale e poi dormivano e abitavano insieme. Dicevano gli esperti romani che, solo la circostanza del matrimonio rendendo legittima l’altra unione - quella fra maschio e femmina - a quegli astuti personaggi era parso che quest’atto sarebbe anch’esso divenuto legittimo, se autorizzato dalle cerimonie e dai riti della Chiesa". I "novelli sposi", seppur legittimati da un prete-complice, incorsero inevitabilmente nella dura condanna dell’autorità ecclesiastica, tanto che "furon bruciati otto o nove Portoghesi di questa bella setta": in verità undici fra spagnoli e portoghesi, precisa una relazione dell’ambasciatore veneto a Roma Antonio Tiepolo, citata da Alessandro D’Ancona, curatore dell’edizione moderna del Journal di Montaigne. Secondo il Pastor, si trattava di ebrei convertiti a forza in Portogallo, tornati alla loro religione.

Temendo il ripetersi di matrimoni anomali, Sisto V emanò nel giugno del 1587 la bolla "Cum frequenter", con cui si vietavano le nozze agli "spadones", eunuchi e ai castrati, perché non in grado di procreare.

 

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