Durante l’Impero distinsero le classi sociali facoltose Un’autentica passione i viaggi per i Romani
La società romana, a partire dall’ultimo periodo repubblicano, per le mutate condizioni economiche e sociali, dovute alle grandi conquiste mediterranee e alle idee e gusti provenienti dal raffinato mondo ellenistico ed orientale, mostrò un significativa evoluzione nel concetto del viaggio, inteso fino ad allora, dai Romani facoltosi, come la possibilità di recarsi nei "praedia" - piccoli fondi rustici con abitazione - per controllare l’andamento della propria azienda agricola e soggiornarvi. Iniziò, così, l’abitudine di recarsi in un complesso residenziale, non tanto nelle vicinanze di Roma, ma in zone più amene dei Colli Albani, Tiburtini, Prenestini e Sabini o lungo le coste Tirreniche a sud del Tevere o addirittura lungo la costa campana, dando vita a una ben precisa classe sociale, desiderosa di evadere dalla vita caotica di Roma per poter godere delle bellezze e delle risorse della natura che i Romani avevano sempre amato, ora riscoperta come rifugio indispensabile per "l’otium" letterario. Poco frequentate erano le zone con laghi e quasi ignorate quelle montuose. L’amore dei Romani per i viaggi non deve essere paragonato al moderno significato della parola turismo. Dalla riflessione sulla famiglia romana, scaturisce il concetto che la partenza dalla città per la campagna o in zone pittoresche di villeggiatura, era non soltanto la conseguenza di una visione etico-sociale e la sintesi di valori ideali, ma anche la ricerca di una dimora con tutti gli agi propri della residenza abituale. Di conseguenza furono create spesso ville più spaziose della casa di città. Incominciò a emergere una categoria ben precisa di viaggiatori, i cosiddetti "ruris amatores", ai quali si contrapponevano, come del resto avviene ai nostri giorni, gli "urbis amatores", coloro che non intendevano allontanarsi affatto dalla città. Il passaggio dalla Repubblica all’Impero segna una notevole trasformazione dei modi di vita della ricca classe borghese romana che vuole riaffermare decisamente le distinzioni fra le classi sociali. Per cui la "villa", ma anche i modi di viaggiare, costituiscono nel loro complesso dei caratteri che ridimensionano il rapporto tra ricchi e meno abbienti. Da una prima fase di ampliamento ed abbellimento della propria villa si passerà a possederne più di una, in collina e al mare, per evitare la monotonia di recarsi nello stesso luogo. I viaggi, anche durante l’Impero, non erano affatto comodi, nonostante le vie di comunicazione realizzate. I mezzi di locomozione in uso erano due: il cavallo ed il carro. Il cavallo, in genere, era adoperato dai più giovani, che, spesso, per ragioni di sicurezza, viaggiavano a gruppi, seguiti da una piccola colonna di muli con sopra i servi e i bagagli. Chi voleva viaggiare più comodamente si faceva portare da un veicolo, a due o quattro ruote, trainato da un solo animale, oppure da due. Naturalmente, non si era esenti da continui sobbalzi dovuti alla mancanza di ogni forma di molleggiamento ed alle strade lastricate con basoli di selce. A due ruote era il "cisium", un calessino leggero a due posti con lo spazio per poco bagaglio, trainato da un solo animale e spesso guidato dallo stesso padrone. Leggero, elegante e riccamente ornato era il "carpentum", tirato da due muli, che presentava ai bordi quattro statuine con sopra una copertura a volta con tendine di seta o in pelle, oppure con sportelli lignei. Dei carri a quattro ruote, il "reda", veicolo semplice, con più pariglie di mule, era di uso quasi pubblico, mentre di proprietà privata era la "carruca", carro leggero e robusto, che internamente presentava nel lato in fondo un comodo sedile per due persone. Era guidato da un cocchiere. Quando il viaggio richiedeva notevole tempo si adoperava la "carruca dormitoria", lunga e interamente coperta da un tendone con delle aperture. L’interno con pelli, coperte e materassi, era predisposto ad accogliere i viaggiatori per la notte, in quanto, se si poteva, era preferibile non pernottare negli alberghi, allora poco raccomandabili. Anzi, il più delle volte, dovendo fare un percorso abituale, i più ricchi avevano provveduto ad acquistare qualche piccola casa in cui far tappa (deversorium), predisposta dai servi che precedevano il padrone. Altri, invece, potevano contare sull’ospitalità degli amici le cui ville sorgevano lungo il loro percorso. La velocità media veniva calcolata in circa cinque miglia all’ora, pari a km 7,500. |
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