La gatta che vale un tesoro Un felino di marmo dà il nome a una via del rione Pigna
Via della Gatta è una traversa di via del Plebiscito, nel centro storico di Roma. Prende il nome dalla graziosa, piccola scultura, murata sul primo cornicione, all’angolo di palazzo Grazioli: una gatta di marmo in grandezza naturale rinvenuta tra le rovine del vicino tempio di Iside e Serapide del Campo Marzio. L’Iseo occupava una zona di forma allungata compresa tra via del Seminario e la chiesa di Santo Stefano del Cacco. Vi furono trovati cinque obelischi, alcune colonne di granito con figure di sacerdoti egizi, una statua di babuino chiamato dal popolo Cacco, alcune sfingi, le statue colossali del Nilo e del Tevere, il gigantesco busto di Iside detto "Madama Lucrezia", un enorme piede marmoreo e – per l’appunto – il simpatico felino ora su palazzo Grazioli. Non bisogna dimenticare che il gatto, secondo la religione dell’antico Egitto, era un animale sacro, visto che proteggeva le più importanti risorse del Paese, i granai, dall’azione devastatrice dei topi. Nel medioevo questa via corrispondeva alla strada del "Portico" o "passaggio del palazzo d'Urbino ". In seguito, la gatta diede il nome anche ad una piazza, prima che un nobile romano, il duca Vincenzo Grazioli, modificasse in modo radicale il palazzo Gottifredi. I lavori iniziarono poco dopo il 1838 e si protrassero a lungo, fino al 1874. Nel 1877 venne sottoscritta una convenzione con il Comune, grazie alla quale via degli Astalli fu allargata e dietro il palazzo si creò l’ampio spazio di piazza Grazioli. La modifica fu molto gradita al principe Doria, che aveva qui un lato del suo palazzo e volle donare al Campidoglio, in segno di riconoscenza, una statua equestre di Vittorio Emanuele II, collocata sul Pincio. Riguardo alla nostra gatta di marmo, circola una curiosa leggenda: l’animale guarderebbe in direzione di un favoloso tesoro, sepolto chissà quando. Peccato che, per trovarlo, bisognerebbe scavare sotto le fondamenta dei palazzi. |
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