Inviti a cena con il mostro nella splendida villa di Tiberio
Tra le mete di villeggiatura degli antichi romani c’era anche Sperlonga. In questo delizioso angolo di cielo e di mare, incastonato tra le rocce del golfo di Gaeta, ebbe la sua dimora estiva l’imperatore Tiberio. Già villa marittima di Aufidius Lurco, nonno materno di Livia, seconda moglie di Augusto, la residenza giunse probabilmente a Tiberio per via ereditaria. Inutile descrivere lo sfarzo del complesso architettonico, un vero gioiello in riva il mare. Inevitabile parlare, invece, della sua vera attrazione: la grotta naturale. Vicina alla villa, aveva al suo interno una grande vasca circolare piena d’acqua. Lì, in posizione centrale, era uno dei gruppi scultorei più suggestivi dell’antichità: quello che ritraeva Ulisse, l’eroe omerico, alle prese con Scilla, la mostruosa creatura descritta nel XII libro dell’Odissea. Riprodotta nel marmo è la scena più atroce. Dopo aver ucciso cinque compagni dell’eroe, il temibile mostro dal corpo di donna e dalle teste di cane, si avventa sul nocchiero a guida della nave. Il monumento marmoreo, attualmente visibile nel Museo Archeologico di Sperlonga, era opera degli scultori Atenodoro, Agesandro e Polidoro, originari di Rodi e autori di un altro celebre gruppo, quello del "Laooconte". L’antro, così scenograficamente decorato, si affacciava su un grande bacino quadrangolare riempito con acqua marina. Al centro di questa peschiera si trovava una "cenatio" galleggiante, ossia un isolotto artificiale utilizzato come suggestivo triclinio per i banchetti estivi. Seminascoste nell’oscurità della grotta, le figure di pietra, immortalate negli attimi salienti della tragedia, emergevano in tutta la loro maestosa grandiosità. E quale inquietante visione dovevano avere dinanzi a loro i convitati! Riflessa nell’acqua, in un cristallino gioco di specchi, si proiettava l’epica e struggente scena. Possiamo solo immaginare l’effetto straordinario che il gruppo assumeva al tramonto quando, carezzato dai raggi del sole morente e dalle fiamme delle fiaccole che allietavano le chiacchiere dei banchettanti, si accendeva di tante rosse sfumature. Tutto intorno era, poi, la pace della natura e il canto armonioso del mare. Ma nemmeno la bellezza di un luogo così ameno può dispensare gli uomini dai terribili casi del destino. Pare infatti che proprio qui si sia verificato, nel 26 d.C., un drammatico episodio narrato da Svetonio e Tacito. Tiberio stava banchettando insieme ad altri convitati quando, all’improvviso, alcune rocce della montagna si distaccarono, piombando verso il mare. La frana fece una strage di servi e sarebbe morto anche l’Imperatore se il prefetto del pretorio Seiano non lo avesse salvato facendogli scudo con il proprio corpo. L’argomento è stato approfondito nel corso dell’Intervista possibile di "Questa è Roma!", la trasmissione ideata e condotta da Maria Pia Partisani, in onda ogni sabato dalle 9.30 alle 11.00, su Nuova Spazio Radio (FM 88.150 MHz). |
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