In mostra le pitture che raccontano la versione etrusca della storia romana Tornano a Vulci gli affreschi della Tomba François
Gli affreschi della Tomba François tornano a Vulci, per una mostra-evento di importanza eccezionale, curata da Anna Maria Moretti, soprintendente per i Beni archeologici dell’Etruria Meridionale: "Eroi etruschi e miti greci". Scoperti nell’aprile del 1857 dall’archeologo Alessandro François nel grandioso sepolcro ipogeo che prese il suo nome, i dipinti furono distaccati nel 1863 e conservati a Roma, prima nel Museo Torlonia di via della Lungara e in seguito a Villa Albani, dove fino ad oggi solo gli studiosi hanno potuto vederli. Ora lo straordinario ciclo pittorico, in cui troviamo la versione etrusca di alcuni episodi della più antica storia di Roma, restaurato secondo i più moderni criteri dal "Consorzio L’Officina", è stato ricomposto in un ambiente climatizzato, appositamente realizzato al centro del cortile del Castello di Vulci, dove rimarrà fino al prossimo 26 settembre. Qui il visitatore è accolto da una fedele ricostruzione dell’interno della Tomba: i dipinti del IV sec.a.C. si susseguono in due ambienti, detti atrio e tablino, permettendo di compiere un tuffo mozzafiato nel tempo, dove eroi etruschi e greci, con i loro corpi nudi dalle proporzioni perfette, escono dal passato per raccontare le cruente vicende che li videro protagonisti. Si riconoscono, anche grazie alle iscrizioni, Sisifo, Anfiarao e Aiace Oileo che sta per oltraggiare la profetessa Cassandra. Il fondatore della tomba, Vel Saties, vestito da trionfatore, con la toga picta riccamente ornata, trae auspici dal volo dell’uccello che un piccolo personaggio, forse un nano, trattiene con una cordicella. Ancora nell’atrio, sono dipinti il saggio Nestore, che elargì i suoi consigli durante la guerra di Troia, e Fenice, educatore di Achille. Su un lato dell’ingresso al tablinio sono raffigurati i due fratelli Eteocle e Polinice, impegnati nel fatale duello che li vide morire ognuno per mano dell’altro, mentre il sangue sgorga copioso dalle ferite. Dall’altro lato l’etrusco Marce Camitlnas, forse vulcente, sconfigge Cnaeve Tarchunies Rumach, probabilmente il re Taquinio Prisco. La parete sinistra del tablino è occupata dal grande "quadro" con il sacrificio dei prigionieri troiani da parte degli Achei, in onore di Patroclo. Centro ideale della composizione è il prigioniero sgozzato da Achille, sulla cui gola sanguinante convergono gli sguardi di quasi tutti i personaggi. Dietro di lui, però, incombe Charun, dio etrusco della morte, vero protagonista della scena, unico vincitore. L’orrido volto è segnato da un ghigno satanico, la sua pelle ha il colore bluastro della carne in decomposizione e nelle mani regge il martello, per assestare il colpo fatale che renderà definitivo il destino. Sulla parete opposta Macstrna, il futuro re di Roma Servio Tullio, libera Celio Vibenna, mentre etruschi di città diverse combattono tra di loro: vicende belliche del VI sec. a.C. per richiamare le imprese di Vel Saties, che intorno alla metà del IV sec. a.C. dovette riportare una vittoria su Roma. |
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