Fu voluto da Emilio Lami, fondatore dell’Ospizio di S. Galla

Ospedale di San Gallicano: storia, carità, scienza e arte

Sorse nel 1729 cuore di Trastevere. Primo a Roma per la cura delle malattie cutanee contagiose, acquisì ben presto notorietà in tutta Europa

 Antonio Venditti

Per le malattie cutanee contagiose, in particolare rogna e tigna, assai diffuse tra i mendicanti e la gente povera, non esisteva ancora nel XVII secolo a Roma un ospedale specializzato: gli affetti da queste patologie erano esclusi dagli ospedali, e soltanto pochissimi incominciavano ad essere accolti nel piccolo nosocomio vicino alla chiesa di S. Lazzaro, alle pendici di Monte Mario.

In seguito i malati vennero trasportati nell’arciospedale di S. Spirito, dove fu aperto un piccolo reparto che accoglieva i malati di pelle soltanto nei mesi invernali, per cui il 3 marzo 1627 la congregazione della Sacra Visita Apostolica, con un’ordinanza generale, aveva imposto a tutti gli ospedali romani di ricevere e isolare in stanze o reparti appositi  “coloro che haveranno rogna, gionta all’altre infermità”.

Nel 1710 don Emilio Lami, rettore e fondatore dell’ospizio di S. Galla, nel quale si ricoveravano la notte i senza tetto, iniziò a curare con successo questi infermi, pensando di trasformare l’ospizio in un ospedale. Nel 1722, grazie all’aiuto del card. Pietro Marcellino Corradini, prese in affitto una casa dei Mattei vicino alla chiesetta di S. Benedetto in Piscinula, che adibì ad ospedale. L’iniziativa incontrò il favore del card. Vincenzo Maria Orsini, il quale, non appena fu eletto papa  con il nome di Benedetto XIII, nel 1723 dette ordine al card. Corradini di cercare un luogo adatto per costruire il nuovo ospedale. Fu scelta la zona di piazza Romana, alle spalle della chiesa di S. Crisogono. Nel dicembre 1724 su progetto e sotto la direzione dell’architetto Filippo Raguzzini, iniziarono i lavori per il nuovo edificio. Il 14 marzo dell’anno seguente Benedetto XIII celebrò con una messa la posa della prima pietra e il 6 ottobre 1726 dedicò l’edificio a S. Maria e S. Gallicano, emettendo nella stessa data la Bolla “Bonus ille”, con la quale si stabilivano regolamenti, privilegi e rendite, tra cui l’acquisizione dei beni di coloro che morivano a Roma senza testamento e senza eredi legittimi.  Filippo Orsini duca di Gravina, nipote del papa, donò l’acqua proveniente dal suo palazzo a Monte Savello.

Il S. Gallicano fu inaugurato l’8 ottobre 1729. Protettore dell’istituto fu nominato il card. Corradini, mentre il Lami divenne il Priore.

L’Ospedale nasceva con il preciso scopo della carità verso gli affetti da malattie cutanee contagiose e con febbre, un servizio gratuito per tutti. L’assistenza agli uomini era affidata ad una comunità di ecclesiastici, mentre le donne erano curate da “divote zitelle”. Il San Gallicano divenne ben presto, nel suo genere, uno dei migliori d’Europa: disponeva di due grandi sale parallele, una per gli uomini con 120 letti e l’altra per le donne con 88. I non febbricitanti, specialmente se romani, potevano farvisi medicare e anche essere ricoverati. Il papa assegnò all’ospedale 4.000 scudi di rendita annua, altri sovrani d’Europa contribuirono al suo mantenimento. In seguito Benedetto XIII fece allestire un altro reparto di 15 letti per le donne dei rioni Ponte e Borgo e delle vie Giulia e Lungara, affette da malattie acute, poiché a tale scopo monsignor Lancisi aveva lasciato in eredità 70.000 scudi.

Nel 1754 Benedetto XIV per dividere i ragazzi dagli adulti fece aggiungere un’altra sala con 30 letti, riservata ai “tignosetti”, avvalendosi dell’architetto Costantino Viaschetti.

La Scuola di anatomia, affidata nel 1786 a Giuseppe Sisco, pubblico professore di Chirurgia dell’Archiginnasio Romano, si affermò decisamente nei decenni successivi. La scuola di fisiologia e di patologia ricevette il suo regolamento nel 1812. Il dottor Tiraterra fu il titolare della cattedra con l’obbligo, per uno scudo e mezzo, di scrivere le lezioni e di commentarle almeno due volte la settimana. Dal 1812 fino al 1821 diresse la scuola Antonio Trasmondi.

La struttura venne dotata dell’anfiteatro anatomico, iniziato sotto Pio VII e portato a compimento nel 1826 da Leone XII: una vasta sala con due emicicli, coperta da una cupola a vetri impostata su quattro vele, dipinte da Giuseppe Caponegri, il quale morì nel 1822, lasciando incompleta la sua opera. Un fregio in stucco di Ignazio Sarti corre lungo le pareti: raffigura negli emicicli la leggenda del serpente di Esculapio che, trasportato su una nave da Epidauro a Roma in preda alla peste, si stabilì nell’isola Tiberina, che, consacrata al dio e sede di un tempio dedicato al suo culto, divenne un centro ospedaliero. Sulle pareti laterali, fiancheggiati da Fame e da Geni, entro una serie di medaglioni sono raffigurati in bassorilievo 18 celebri medici di tutti i tempi, opera del Sarti.

Leone XII, come riporta il “Diario di Roma” al 30 luglio 1825, visitò l’Ospedale di San Gallicano, “e rinvenuto che stavasi apprestando la cena, cintasi anch’Esso il grembiale, e fatto il saggio della minestra, si degnò farne la distribuzione con le sue medesime mani agl’infermi dell’uno e dell’altro sesso”. Il Papa lasciò doni ed elemosine a malati ed al personale e visitò “le officine tutte del luogo pio, e specialmente il teatro anatomico”.

Il secolo XIX ha visto l’affermazione in tutto il mondo del San Gallicano. Gregorio XVI se ne interessò vivamente, Nicola Corsi, lasciando un legato di 12.000 scudi, istituì una regolare cattedra di dermatologia e, nel penultimo anno del Governo Pontificio, il nuovo primario Pietro Schilling si orientò definitivamente verso la dermosifilopatia.

Il S. Gallicano ha un prospetto diviso in due parti da una balconata, che permetteva di aprire e chiudere le finestre dall’esterno senza disturbare i malati. Nella parte inferiore si trova una decorazione a specchiature con stucchi geometrici separati da paraste che si prolungano nella parte alta della costruzione.

Al centro sporge la facciata della chiesa dedicata a S. Maria e S. Gallicano, costituita da un fornice profondamente incassato, fiancheggiato da pilastri compositi su un alto zoccolo. Una cornice separa il primo ordine dal secondo molto più basso, con al centro un’ampia finestra. La croce e sei urne concludono il prospetto. L’interno, a pianta centrale con cupola ribassata, ha l’altare maggiore con “la Madonna col Bambino alla quale S. Gallicano presenta tre malati”; sull’altare di destra, “S. Filippo Neri”; su quello di sinistra “Apparizione della Madonna della Neve”, ciclo pittorico di Marco Benefial.

Sulla facciata dell’Ospedale si nota un’edicola e, all’angolo con via delle Fratte di Trastevere, la farmacia con prospetto del tempo di Gregorio XVI.

Nel recinto dell’ospedale si trovavano una spezieria specializzata in unguenti e pomate e due cimiteri.

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