Il vischio: perle di fortuna per il nuovo anno
Alle origini di un’antica tradizione che abbraccia popoli e culture diverse
di
Annalisa Venditti

 

In questi giorni, nelle case addobbate a festa in attesa del passaggio dall’anno vecchio al nuovo, non può mancare il vischio. Il suo utilizzo “scaramantico” va ricollegato al forte potere simbolico attribuito nei secoli ai sempreverdi: è il fascino legato alla sfera dell’immortalità e della continua rigenerazione, molto caro anche alla religione cristiana. Il “viscum album”, con le sue foglie perenni e le bacche perlacee e gelatinose, è una pianta parassita che affonda le radici nei tronchi di vari alberi, alimentandosi della loro linfa. Era noto agli antichi romani: la prova è nell’Eneide di Virgilio. “Come il vischio – leggiamo - che si riproduce su un albero suole nel freddo invernale verdeggiare di fronda novella nei boschi e avvolgere i tronchi rotondi con gialli aurei frutti, così era l’aspetto del ramo d’oro”. La pianta era utilizzata soprattutto nei rituali druidi. E’ Plinio il Vecchio ad informarci in quale considerazione fosse tenuto dalle popolazioni celtiche: “I Druidi – annotava lo scienziato - credono che non vi sia nulla di più sacro del vischio e dell'albero su cui nasce, purché sia una quercia. Il vischio, del resto, lo si trova di rado e, una volta trovato, lo si raccoglie con grande cura, secondo un rituale preciso, nella sesta notte dopo il novilunio, data che, per loro, segna l'inizio del mese. Nella loro lingua poi, lo designano con un vocabolo che significa «ciò che tutto guarisce». Secondo il rito, conducono sotto l'albero due tori di color bianco, alle cui corna si pongono corde per la prima volta. Poi il sacerdote, vestito di una veste candida, sale sull'albero, stacca il vischio con un falcetto d'oro e lo ripone in un panno candido. Infine immolano le vittime e pregano il dio di rendere propizio il dono”. Dopo i rituali e le preghiere stabilite, veniva suddiviso per essere distribuito alla popolazione. Le fronde, per il loro potere scaramantico ed apportatore di fertilità e salute, erano legate sulla porta di casa, proprio come siamo soliti fare ai giorni nostri. Secondo una pia tradizione cristiana, la pianta originariamente sarebbe stata un vero e proprio albero. Quando il suo legno fu impiegato per costruire la Croce della Passione di Gesù – narra la leggenda – il vegetale cominciò a tramutarsi e, perdendo la sua autonomia, divenne in breve tempo la pianta parassita che conosciamo. Nell’Inghilterra dei Tudor e degli Stuart si diffuse l’usanza di baciarsi sotto il vischio, soprattutto tra gli innamorati. Come si fa con la margherita, dopo ogni bacio, i due giovani dovevano togliere una bacca bianca, peraltro velenosissima. Una volta terminate, occorreva bruciare per intero il cespuglio. Era una sorta di magia per far sì che nei due fidanzati ardesse così forte il desiderio di sposarsi da farli convogliare a nozze in breve. La tradizione del vischio nei secoli è stata approfondita nel corso dell’ “Intervista possibile” che Maria Pia Partisani conduce ogni sabato su Nuova Spazio Radio (88.150), dalle 9.30 alle 11.00, all’interno del programma “Questa è Roma!”.

 

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