In
questi giorni, nelle case addobbate a festa in attesa del passaggio
dall’anno vecchio al nuovo, non può mancare il vischio. Il suo
utilizzo “scaramantico” va ricollegato al forte potere simbolico
attribuito nei secoli ai sempreverdi: è il fascino legato alla sfera
dell’immortalità e della continua rigenerazione, molto caro anche
alla religione cristiana. Il “viscum album”, con le sue foglie
perenni e le bacche perlacee e gelatinose, è una pianta parassita
che affonda le radici nei tronchi di vari alberi, alimentandosi
della loro linfa. Era noto agli antichi romani: la prova è
nell’Eneide di Virgilio. “Come il vischio – leggiamo - che si
riproduce su un albero suole nel freddo invernale verdeggiare di
fronda novella nei boschi e avvolgere i tronchi rotondi con gialli
aurei frutti, così era l’aspetto del ramo d’oro”. La pianta era
utilizzata soprattutto nei rituali druidi. E’ Plinio il Vecchio ad
informarci in quale considerazione fosse tenuto dalle popolazioni
celtiche: “I Druidi – annotava lo scienziato - credono che non vi
sia nulla di più sacro del vischio e dell'albero su cui nasce,
purché sia una quercia. Il vischio, del resto, lo si trova di rado
e, una volta trovato, lo si raccoglie con grande cura, secondo un
rituale preciso, nella sesta notte dopo il novilunio, data che, per
loro, segna l'inizio del mese. Nella loro lingua poi, lo designano
con un vocabolo che significa «ciò che tutto guarisce». Secondo il
rito, conducono sotto l'albero due tori di color bianco, alle cui
corna si pongono corde per la prima volta. Poi il sacerdote, vestito
di una veste candida, sale sull'albero, stacca il vischio con un
falcetto d'oro e lo ripone in un panno candido. Infine immolano le
vittime e pregano il dio di rendere propizio il dono”. Dopo i
rituali e le preghiere stabilite, veniva suddiviso per essere
distribuito alla popolazione. Le fronde, per il loro potere
scaramantico ed apportatore di fertilità e salute, erano legate
sulla porta di casa, proprio come siamo soliti fare ai giorni
nostri. Secondo una pia tradizione cristiana, la pianta
originariamente sarebbe stata un vero e proprio albero. Quando il
suo legno fu impiegato per costruire la Croce della Passione di Gesù
– narra la leggenda – il vegetale cominciò a tramutarsi e, perdendo
la sua autonomia, divenne in breve tempo la pianta parassita che
conosciamo. Nell’Inghilterra dei Tudor e degli Stuart si diffuse
l’usanza di baciarsi sotto il vischio, soprattutto tra gli
innamorati. Come si fa con la margherita, dopo ogni bacio, i due
giovani dovevano togliere una bacca bianca, peraltro velenosissima.
Una volta terminate, occorreva bruciare per intero il cespuglio. Era
una sorta di magia per far sì che nei due fidanzati ardesse così
forte il desiderio di sposarsi da farli convogliare a nozze in
breve. La tradizione del vischio nei secoli è stata approfondita nel
corso dell’ “Intervista possibile” che Maria Pia Partisani conduce
ogni sabato su Nuova Spazio Radio (88.150), dalle 9.30 alle 11.00,
all’interno del programma “Questa è Roma!”. |