Conservato nel Tesoro della Basilica San Pietro in Vaticano

Un capolavoro paleocristiano:
il sarcofago di Giunio Basso

La scultura decorativa con scene della Passione di Cristo e del Martirio di Pietro e Paolo raggiunge il culmine in questo monumento del IV secolo

Il sarcofago del prefetto Giunio Basso, nel Tesoro di San Pietro in Vaticano, rappresenta, nell’evoluzione artistica della scultura paleocristiana, un punto di riferimento ben preciso per comprendere lo sviluppo stilistico seguito dai sarcofagi del IV secolo, in particolare da quelli cosiddetti della "Passione", dei quali costituisce la più alta espressione.

Riferibile al 359 d.C., riassume iconograficamente la tradizione tetrarchico-costantiniana, rielaborandola con un linguaggio nuovo.

In marmo pentelico, (m. 2,43 x m. 1,41), fu rinvenuto secondo il Bosio e il Baronio nel mese di aprile del 1595 sotto il pontificato di Clemente VIII, il 1° ottobre 1597 secondo il Severano e l’Ugonio.

La fronte del sarcofago presenta uno schema architettonico equilibrato, seppur con una elaborata ornamentazione compositiva, pesante nella parte superiore architravata, leggiadra, invece, in quella inferiore.

La fronte è divisa in due registri orizzontali, scanditi in cinque riquadri per mezzo di colonne, con basi ornate e ricchi capitelli compositi, sorreggenti nel registro superiore un architrave continuo, modanato, con cornici finemente lavorate ed in quello inferiore, alternativamente, un arco a valva di conchiglia o un frontoncino dentellato.

I fusti delle colonne sono spiraliformi, eccetto quelli delle colonne centrali dei due registri che hanno il fusto avvolto da tralci di vite, entro cui giocano amorini, alcuni dei quali intenti a vendemmiare.

Lo schema ternario caratterizza gli episodi figurati delle singole nicchie, tra cui quella che domina l’idea di ciascun registro occupa il riquadro centrale. La successione delle scene trae spunto dal concetto cristiano del sacrificio, interpretato come il trionfo dello spirito sulla morte.

Il registro superiore è dedicato a scene di "Passione". Cominciando da sinistra abbiamo: "Sacrificio di Abramo; Cristo in trono tra i principi degli Apostoli; Cattura di Gesù; Giudizio di Pilato".

Le scene del registro inferiore sono tratte quasi tutte dal Vecchio Testamento. Partendo da sinistra sono rappresentati: "Giobbe e la moglie; Adamo ed Eva; Ingresso di Gesù in Gerusalemme; Daniele nella fossa dei leoni; Martirio di San Paolo".

Le figure (sculture ad alto rilievo e talune anche a tutto tondo) nel loro complesso rivelano una notevole varietà di atteggiamenti e di fisionomie, che contribuiscono a conferire alla composizione scultorea di ciascuna nicchia vivacità, robustezza ed efficacia.

Lo stile delle figure risente di un certo influsso ellenico, probabilmente per la presenza a Roma nel IV secolo di officine greche, da una delle quali potrebbe essere stato prodotto il sarcofago di Giunio Basso. I visi e gli sguardi, però, sono tipicamente romani (Pietro, Paolo, Abramo), resi con un sapiente uso del trapano tondo. Inoltre, dall’analisi delle figure si avverte lo sviluppo stilistico dell’abbigliamento e anche il modo di trattare la barba e i capelli, per i quali in riferimento allo stile costantiniano si preferisce ora il taglio corto in voga alla corte dell’imperatore e ricci simili a spirali.

Influenze galliche si notano in tre teste di fondo: del soldato, in quella quasi nascosta da Daniele e in quella dell’uomo che consola Giobbe.

Nel sarcofago di Giunio Basso l’iconografia degli Apostoli Pietro e Paolo si evolve in forme più mature e sicure. Gli stessi temi di "Passione» rivelano il passaggio da timidi motivi introduttivi ad alcune scene che formano veri e propri cicli.

Nel sarcofago si incontra per la prima volta il gruppo Cristo-Pietro-Paolo, appartenente al primo ciclo dei sarcofagi di "Passione", di cui stabilisce l’esatta datazione (359). La figura di Cristo, per i lineamenti giovanili, la rotondità del viso, la pettinatura a paggio e per l’espressione raccolta, rientra nell’iconografia che si afferma intorno alla metà del IV secolo. Con queste fattezze lo vediamo al centro del registro superiore, assiso sul trono celeste tra i Principi degli Apostoli, mentre consegna al mondo la nuova Legge con i precetti per la vita eterna. Con gli stessi tratti fisionomici, Cristo compare nella scena successiva tra due sgherri ed al centro del registro inferiore, all’atto della sua entrata in Gerusalemme, che storicamente dà inizio alla sua "Passione".

Sempre nel registro inferiore, nei triangoli risultanti dalla scansione ritmica delle linee curve e spezzate che incorniciano la parte superiore delle nicchie, sono sei gruppi scolpiti a tutto tondo, simbolici e molto frammentari, raffiguranti agnelli che ricordano i miracoli di Gesù e simbolicamente l’iniziazione del neofito Giunio Basso, la cui professione di fede è data dalla prima scena che rammenta i tre fanciulli di Babilonia nella fornace ardente, mentre la seconda indica le grazie per la salvezza. L’Eucarestia è rappresentata nella terza scena e nella quarta è simboleggiato il Battesimo. L’insegnamento delle verità soprannaturali è espresso nella quinta scena. Un preciso riferimento alla Resurrezione ed alla vita immortale è dato dalla sesta scena.

Perciò, i sei gruppi esprimono ciò che dice l’iscrizione sopra l’architrave del registro superiore: Giunio Basso mediante il Battesimo veniva introdotto nella Chiesa e nel godimento della salvezza che gli derivava.

Le testate del sarcofago, anch’esse a due registri orizzontali scanditi da colonne, presentano la decorazione con soggetti totalmente diversi da quelli della fronte. Nel lato sinistro sono scene di vendemmia e della pigiatura dell’uva ed in quello destro scene della raccolta del grano e simboli delle stagioni: una visione gaia della vita, che simboleggia la beatitudine del regno celeste, quale premio dopo una vita carica di vicende.

Il sarcofago di Giunio Basso appare chiuso dal suo coperchio originale, sebbene alquanto variato per lo spesso strato di stucco durissimo che vi fu disteso su gran parte dopo il 1773, rimosso completamente nel 1903 per mettere in luce la primitiva decorazione, che apparve in uno stato frammentario, per cui le scene, di non facile identificazione, si possono interpretare quali episodi della vita familiare ed ufficiale del prefetto Giunio Basso.

Durante i lavori compiuti nelle Grotte Vaticane sono tornati alla luce nel 1942, i resti della "tabella inscriptionis", che uniti danno luogo a un unico frammento. Il perfetto combaciamento delle linee di frattura conferma che non si tratta di un coperchio riutilizzato, ma fatto proprio per il sarcofago.

di Antonio Venditti

2003

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