Piatti d’oro e d’argento nel Tevere
per un pranzo da principi

Agostino Chigi può essere considerato un grande mecenate del Rinascimento. Nato a Siena nel 1466, da un'antica famiglia di commercianti, nel 1487 si trasferì a Roma, dove aprì un banco. I suoi affari andavano a gonfie vele e gli permisero di aprire nuovi banchi, con succursali nelle principali città d'Europa. Prestava danaro a principi e a prelati, intrecciava affari con i re di Spagna, di Francia e d'Inghilterra. Acquistò terreni, miniere e perfino uno scalo marittimo in Toscana, Porto Ercole, da dove le sue navi salpavano per gli empori d'Europa e d'Oriente. Il sultano di Turchia lo chiamava il gran mercante della cristianità. La Repubblica Veneta gli diede il titolo di "Figlio di San Marco" e l’onore di sedere accanto al Doge in Senato. Il pontefice Giulio II gli permise di unire al suo casato il nome e lo stemma dei Della Rovere.

Tra il 1505 ed il 1510 acquistò due terreni confinanti nell’area transtiberina, presso Porta Settimiana, ed incaricò Baldassarre Peruzzi, uno dei più prestigiosi artisti del momento, di edificarvi una splendida villa, dove offrì ai suoi illustri ospiti banchetti rimasti memorabili. Il 30 aprile 1518 imbandì un pranzo nelle scuderie, con le pareti ricoperte da magnifici arazzi, cui parteciparono il Pontefice e quattordici cardinali. Intenzione del banchiere era dimostrare che le sue stalle erano più sontuose del salone del Palazzo che i Riario, nipoti del Papa, si erano fatti costruire poco distante. Nell’estate dello stesso anno venne offerto un elegante convito nella loggia sulle rive del Tevere. Si dice che in quell’occasione Agostino avesse voluto stupire i suoi ospiti con una felice trovata: le vivande venivano servite in bellissimi piatti d’oro e d’argento, che, appena vuoti, erano gettati dai servitori nel Tevere. Il Chigi, però, era un uomo d’affari accorto e non voleva certo perpetuare un simile sperpero: le acque del Tevere celavano delle grandi reti, per trattenere le preziose stoviglie, che vennero tranquillamente recuperate una volta andati via gli ospiti.

Il banchetto più famoso fu allestito il giorno di S. Agostino del 1519 nel Salone delle Prospettive al primo piano della villa e vi furono invitati anche dodici cardinali e Leone X. Ai commensali furono presentati rari uccelli e pesci dei loro paesi in piatti di argento fregiati dei rispettivi stemmi. Alla fine del convito Agostino volle unirsi in matrimonio, con la benedizione del Pontefice, ad una modesta fanciulla veneziana, Francesca Ordeasca, che egli aveva rapita anni prima e fatta educare in un monastero.

Di lì a poco il banchiere moriva e la sua dimora conobbe anni di tristezza ed abbandono. Durante il sacco di Roma vi bivaccarono i Lanzichenecchi e alla fine del ‘500 fu acquistata da Alessandro Farnese, che le diede il nome di Farnesina.

di Cinzia Dal Maso

2003

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